Allergie ed intolleranze alimentari

Test per allergie alimentari

ALLERGIE ED INTOLLERANZE ALIMENTARI

Premessa

Nella società moderna, le sensazioni dolorose e/o fastidiose, riferite all’apparato gastrointestinale, sono diffusissime tra la popolazione. Le cause più frequentemente imputate sono lo stress, i ritmi frenetici della vita ed i cibi ricchi di grasso e poveri di scorie. L’importanza di questi fattori psicosociali è indubbia, ma i Ricercatori continuano ad indagare su cause organiche, che possano spiegare l’etiopatogenesi dei disturbi. Pensiamo all’’ Helicobacter Pylori , scoperto da poco, che si è dimostrato responsabile dell’ ulcera peptica , altra malattia per la quale erano e sono tuttora invocate, come elemento causale, problematiche psico-emotive. Questo aspetto è importante, ma spesso i nostri Pazienti ci ripetono che il sintomo che lamentano è dissociato da un’evidenza di disagio psichico. L’attività di ricerca sui disturbi funzionali gastroenterici si è incrementata negli ultimi anni, per l’elevata prevalenza con cui essi si presentano nella popolazione, generando un disagio diffuso, oltre che un costo sanitario e sociale elevato. L’affinamento delle tecniche diagnostiche, biochimiche, neuro-fisiopatologiche e di imaging, consente di valutare l’aspetto infiammatorio, immunologico e neuro-fisiologico del problema, definendo, in modo sempre più accurato, i rapporti esistenti tra sistema nervoso enterico e sistema nervoso centrale. Sono imputati le vie nervose del dolore, i mediatori dell’infiammazione, i neurotrasmettitori ed i neuro-ormoni. La classificazione di questi disturbi funzionali, secondo i “criteri di Roma”, evidenzia un overlap tra fattori fisio-patologici e psico-sociali. Tra questi disturbi, la sindrome dell’intestino irritabile  è particolarmente frequente, caratterizzata da sintomi addominali e alterazioni dell’alvo. I pazienti lamentano dolore diffuso, per lo più in rapporto alle evacuazioni. Le feci sono poltacee o acquose, nella variante clinica a componente diarroica , oppure dure e caprine, nella variante stitica . Anche la malattia da reflusso gastro-esofageo  presenta varianti di mero aspetto funzionale. Pensiamo al sottogruppo classificato come esofago ipersensibile o a quello della pirosi funzionale, laddove esiste un totale disaccordo tra sintomi e tracciato pH-Impedenzometrico. In questo capitolo parlerò delle allergie e delle intolleranze alimentari, che vanno indagate, insieme a tutte le altre possibili cause, nei pazienti che presentano queste sensazioni dolorose e/o fastidiose addominali. Ho detto come siano frequenti le sovrapposizioni di cause scatenanti il problema. Indagarle tutte è doveroso, per arrivare alla diagnosi e per impostare la terapia più adatta. Le intolleranze e le allergie alimentari sono chiamate in causa in un’alta percentuale di casi, anche se le evidenze cliniche dimostrano spesso una sproporzione tra i sintomi e il grado di deficit. Spesso i Pazienti, nella speranza di trovare soluzione ai loro problemi, si rivolgono alla Medicina non Convenzionale e a test diagnostici non validati dalla Scienza ufficiale.

Allergie alimentari

Le allergie e le intolleranze alimentari sono reazioni contro alcune sostanze, per lo più nutrienti, e comprendono disturbi intestinali, ma anche extra-intestinali, causati dall’ingestione di cibi, che contengono nutrienti o additivi o contaminanti alimentari, che scatenano la reazione avversa. Queste risposte avverse si classificano in due grandi gruppi: le reazioni tossiche e quelle non tossiche. Le reazioni non tossiche sono le allergie e le intolleranze alimentari. Le prime sono dovute a sostanze allergizzanti per l’organismo del Paziente, che vengono perciò definite antigeni o allergeni, innocue per la maggior parte delle persone. Le seconde, le intolleranze, causano disturbi simili a quelli delle allergie, ma non hanno una patogenesi immunologica. Le reazioni tossiche sono legate alla dose assunta e la reazione avversa è tanto più grave quanto maggiore è la quantità ingerita. Esse non coinvolgono il sistema immunitario del paziente ed attengono spesso, ma non sempre, a sostanze dannose per la maggior parte della popolazione, chiamate veleni. Le sostanze tossiche possono essere presenti in natura nell’alimento (come in alcuni funghi velenosi) oppure comparire dopo una trasformazione, legata alle condizioni igieniche, alla conservazione del cibo o altro.
Allergia al latte vaccino

Differenza tra allergie e intolleranze

L’allergia alimentare è un fenomeno complesso, che comincia con la fase della “sensibilizzazione”, che avviene quando l’organismo viene a contatto con una o più proteine di origine alimentare, che non riconosce come proprie. Esso allora inizia a produrre anticorpi specifici, appartenenti alla classe IgE, per tentare di neutralizzare le sostanze, che legge come estranee. Questi anticorpi interagiscono con particolari recettori, presenti sulla superficie dei mastociti. Nella fase di sensibilizzazione il Paziente non ha sintomi, ma, ogni qualvolta l’organismo entrerà successivamente in contatto con l’antigene, verso cui si è sensibilizzato, scatenerà la reazione allergica. Questa è innescata dalla degranulazione dei mastociti, con una cascata di eventi, tra i quali la liberazione di mediatori chimici, come l’istamina. La reazione allergica può scatenarsi in pochi secondi dall’esposizione all’antigene, oppure comparire soltanto dopo un certo lasso di tempo. Per esempio, l’allergia al pelo di gatto può manifestarsi a 24 ore di distanza. Le allergie di origine alimentare compaiono abbastanza rapidamente. Una caratteristica delle allergie alimentari è che, dopo la sensibilizzazione, è sufficiente una minima dose di antigene per scatenare la reazione. Il Paziente allergico deve limitare il più possibile i contatti con l’alimento verso cui si è sensibilizzato.

Intolleranza o allergia alimentare?

L’intolleranza alimentare causa alcuni sintomi tipici delle allergie alimentari, come nausea, vomito, diarrea  e crampi addominali. Ecco il motivo per il quale si tende a confondere i due termini. In realtà, le intolleranze alimentari, a differenza delle allergie, sono sempre legate ad una dose soglia del nutriente incriminato, che ogni individuo dovrebbe conoscere, per evitare di sorpassarla. Un’altra differenza fondamentale è che, nell’intolleranza alimentare, non viene mai coinvolto il sistema immunitario. Nella maggior parte dei casi, l’intolleranza alimentare è legata a disfunzioni di tipo enzimatico, come la carenza o la totale mancanza di enzimi necessari per digerire taluni nutrienti. E’ noto il deficit di lattasi, enzima necessario per la digestione dello zucchero presente nel latte. La differenza tra allergie alimentari ed intolleranze è tuttavia sottile e spesso non è compresa appieno, soprattutto dai non addetti. Entrambe sono reazioni non tossiche ed interessano solo alcuni pazienti i quali, per cause genetiche o acquisite successivamente, presentano una sensibilità verso alcuni nutrienti. Le allergie alimentari, ripeto, sono reazioni repentine e sono mediate dal sistema immunitario. Quasi sempre le proteine, contenute in determinati alimenti, inducono la produzione di anticorpi, le immunoglobuline di tipo E (IgE), che attivano i mastociti, cellule che rilasciano sostanze, come l’istamina, che provocano sintomi quali il prurito, la tosse e la rinite. Queste allergie alimentari si chiamano IgE mediate e sono per lo più ereditarie. Altre forme di allergie, invece, derivano da meccanismi di difesa, non mediati dalle Ig-E e coinvolgono altre cellule immunitarie, i Linfociti T. Bisogna fare attenzione, perché questo meccanismo è comune ad alcune forme di intolleranza. Le intolleranze sono mediate da un’attivazione dei linfociti B, con produzione di anticorpi IgG e IgA, provocata da frazioni proteiche del cibo, ma possono essere coinvolti anche i linfociti T e le interleuchine. Vedi approfondimento: Gluten sensitivity (o intolleranza non celiaca al glutine), pseudo-allergie alimentari e allergia al grano Le allergie alimentari IgE-mediate determinano disturbi che compaiono subito dopo l’assunzione dell’alimento in causa. Le intolleranze alimentari sono più frequenti delle allergie e determinano reazioni lente, che possono insorgere dopo ore o giorni dall’ingestione ripetuta dell’alimento. Sono provocate da macronutrienti, micronutrienti, additivi, oligoelementi presenti nel cibo ingerito ed hanno un meccanismo patogenetico non sempre conosciuto. Possono essere dovute a carenza enzimatica dell’organismo, ad effetti irritativi sulla mucosa intestinale, ad effetti derivanti dalla fermentazione di residui alimentari o ad altre cause ancora sconosciute. In caso di carenza enzimatica, si hanno problemi assimilativi, che possono essere indagati e testati. Se si tratta di una reazione dell’organismo a sostanze presenti negli alimenti o prodotte successivamente dall’ intestino  per fermentazione e la reazione si ripresenta ad ogni assunzione ed è dose-dipendente. Per la reazione allergica è sufficiente il contatto con una minima quantità di allergene, mentre per una reazione d’intolleranza alimentare è necessaria un’ingestione continuativa del nutriente incriminato, verso il quale l’organismo diventa particolarmente sensibile. Le intolleranze sono perciò “dose-dipendente” ed assomigliano, in questo, al meccanismo d’azione delle sostanze tossiche. L’allergia è una reazione dell’organismo contro molecole estranee. Questa reazione è indotta dal sistema immunitario e, nel caso delle allergie alimentari, l’antigene è rappresentato dalle proteine contenute in determinati alimenti. I nutrienti sono formati da un elevato numero di sostanze, prevalentemente glicidi, lipidi e protidi, composte a loro volta da molecole, le quali hanno un potenziale potere antigenico. In alcuni Pazienti, queste molecole determinano problemi allergici, perché arrivano a stimolare il sistema immunitario. In condizioni di normalità, le mucose dell’ intestino , l’acidità dello stomaco , gli enzimi digestivi ed il microbiota nel suo insieme impediscono a tutto ciò, che sia potenzialmente patogeno e immunogeno, di attraversare la barriera intestinale ed entrare in circolo. Nel caso di un’allergia alimentare, questo meccanismo protettivo presenta alcune falle e una quantità eccessiva di molecole, con potere antigenico, attraversa la barriera intestinale. Per innescare la patologia allergica, queste sostanze devono essere proteine, giacchè le allergie sono sostenute da allergeni proteici o glicoproteici, e devono aver resistito alla preparazione culinaria ed ai fattori digestivi dell’ospite. Gli alimenti che più spesso causano allergie alimentari sono i pesci crostacei, i cereali, il latte, le uova, i pomodori, il cioccolato. Bisogna poi ricordare che diversi alimenti possono contenere antigeni comuni: per esempio l’antigene del merluzzo è presente in altri tipi di pesci. Questo determina le reazioni alimentari crociate, molte delle quali sono frequenti e sono note, come per esempio quelle dovute alle uova di diverse specie animali. Esistono anche reazioni crociate tra alimenti ed inalanti, per esempio l’allergia alle piume ed alle uova di volatili, al polline delle graminacee ed alle arachidi o ai pomodori. Inoltre, le allergie alimentari possono essere provocate da sostanze conservanti presenti negli alimenti o da altre che vengono rilasciate dai recipienti durante la cottura dei cibi. Queste molecole, anche in quantità minima, in soggetti già sensibilizzati, possono scatenare reazioni anche severe. Un esempio di questo sono alcuni metalli, come il nichel o il rame. Il meccanismo immunologico delle allergie alimentari può essere di due tipi:
  1. il tipo reaginico, cioè delle allergie IgE mediate
  2. il tipo non reaginico, cioè non mediato dalle IgE, ma con presenza di complessi immunopatogeni, di linfociti T sensibilizzati e, talvolta, anche di anticorpi tossici.
Queste due diverse forme si manifestano in modo isolato o in associazione tra loro, ma si possono essenzialmente distinguere due quadri clinici: le reazioni immediate e le reazioni ritardate. Le reazioni immediate (IgE mediate) sono scatenate, il più delle volte, dall’assunzione di latte vaccino, di frumento, di noccioline o di cioccolata. Si manifestano con orticaria, edema laringeo con difficoltà respiratorie, vomito, eczema cutaneo, edema delle labbra e della lingua, nausea, dolore addominale e, a volte, shock anafilattico. Le reazioni ritardate (non mediate da IgE) avvengono dopo un certo tempo dall’assunzione dell’allergene incriminato e presentano la difficoltà ad identificare gli alimenti responsabili. Queste forme spesso fanno seguito ad una gastroenterite acuta e sono collegabili ad un deficit immunitario transitorio. Si manifestano con astenia, ansia, dolori articolari e muscolari, otite.

Reazioni pseudo-allergiche

Le reazioni pseudo-allergiche, come dice il nome, non sono realmente legate al meccanismo immunologico, ma sono determinate da alimenti ricchi di istamina, di tirammina o di sostanze istamino liberatrici. Questi nutrienti, se assunti in grande quantità, possono provocare sintomi simili a quelli dell’allergia, ma la modalità non immunologica e la dipendenza dalla dose assunta rendono questo tipo di reazione simile alle intolleranze alimentari. Il meccanismo patogenetico è legato alla liberazione dei mediatori chimici, contenuti nel nutriente incriminato, capaci di liberare istamina o sostanze istamino-simili, innescando la cascata delle reazioni allergiche, che è responsabile delle tipiche manifestazioni a livello cutaneo, respiratorio e gastrointestinale. L’intolleranza (o allergia?) alle fragole appartiene a questa categoria, perché questo alimento, come i pomodori ed i crostacei, stimola il rilascio di istamina. Questi cibi sono privi in sé di potere allergizzante, ma stimolano una reazione identica, dal punto di vista sintomatologico, ad una reazione allergica. Tali manifestazioni sono controllate dalla terapia antistaminica e non provocano seri pericoli per la salute dell’individuo, come può accadere invece nel caso di un’allergia alimentare vera e propria, che può arrivare fino allo shock anafilattico. I sintomi delle reazioni pseudo-allergiche sono rush cutanei, prurito, dolori addominali e diarrea . Cessata la somministrazione dell’alimento responsabile, i sintomi regrediscono rapidamente. Le quantità capaci di scatenare la reazione allergica variano da persona a persona, in relazione alla predisposizione individuale, e la reazione, come nel caso delle intolleranze, è dose dipendente. Alimenti ricchi di istamina, tiramina e sostanze liberatrici di istamino-simili sono anche i formaggi fermentati o stagionati, il fegato di maiale, gli insaccati, il pesce azzurro (sardine, sgombri, acciughe), il tonno, il salmone, le aringhe, i pomodori, gli spinaci, le bevande fermentate. La concentrazione di istamina e tiramina è inversamente proporzionale allo stato di conservazione e di freschezza di alcuni alimenti, come ad esempio il pesce. Altri alimenti contenenti sostanze istamino-liberatrici sono i crostacei, i frutti di mare e gli alimenti in scatola, l’albume d’uovo, il cioccolato, i pomodori, le fragole.

Incidenza delle reazioni alimentari

Molte persone manifestano reazioni avverse a determinati cibi, ma le allergie alimentari vere e proprie sono meno comuni di quanto si possa pensare, anche se il numero di persone che ne soffre è in continuo aumento. Esse colpiscono maggiormente i bambini, con una frequenza che va dal 5 al 12%, mentre la percentuale di incidenza tra gli adulti va dal 2 al 6%. Molto maggiore è l’incidenza delle intolleranze alimentari (quella al lattosio raggiunge, in alcune etnie, valori superiori al 90%). Come in tutte le forme allergiche, esiste una predisposizione genetica, mentre ciò non accade per le intolleranze alimentari. Come avviene per le allergie respiratorie, la sensibilizzazione verso alcuni allergeni alimentari può ridursi e regredire con il tempo e con la crescita dell’individuo, come avviene ad esempio per quella verso il latte vaccino, mentre la sensibilizzazione per altri nutrienti, come quella verso pesci e crostacei, persiste anche nell’età adulta.

Fase dell’esposizione

Il meccanismo immunitario, che è preposto a salvaguardarci da infezioni ed aggressioni dall’esterno, prevede che l’organismo, ogni volta che entra in contatto con una proteina, che non riconosce come propria, e vede quindi come un possibile antigene, produca anticorpi contro di essa. Teoricamente, quindi, il nostro corpo dovrebbe reagire e sviluppare anticorpi nei confronti di tutte le proteine alimentari, che introduciamo con il cibo. Questo avviene con i patogeni, ma non con i nutrienti, perché il sistema immunitario riconosce le proteine alimentari come sostanze estranee ma inoffensive, grazie ad un meccanismo, definito “di tolleranza”, che coinvolge la mucosa intestinale ed il tessuto linfoide ad essa associato (definito GALT, Gut Associated Lymphoid Tissue, che significa Tessuto Linfoide Associato all’Intestino). Grazie a questo “meccanismo di tolleranza”, la maggioranza delle persone può assumere qualsiasi alimento senza subire manifestazioni allergiche. Quando il cibo arriva allo stomaco , esso inizia ad essere digerito, soprattutto nella sua frazione proteica; la digestione delle proteine alimentari si completa a livello intestinale , con la liberazione di oligopeptidi ed amminoacidi, che sono assorbiti a livello della mucosa dai microvilli ed utilizzati per la funzione plastica e ricostruttiva delle cellule del nostro organismo. Può capitare che alcuni frammenti proteici, non completamente digeriti, quindi con un peso molecolare elevato, vengano assorbiti ugualmente dalla mucosa intestinale. Se questi frammenti contengono una sequenza di amminoacidi, che si collegano tra loro a formare una catena proteica, riconosciuta come estranea dal nostro sistema immunitario, essi possono determinare la sensibilizzazione. Avviene cioè che il nostro organismo si prepara a “combattere” queste sostanze e, qualora l’alimento venga consumato una seconda volta, questo causa la comparsa di manifestazioni allergiche. Tutto ciò normalmente non avviene perché, a livello della mucosa intestinale, esistono le immunoglobuline A secretorie (IgA), che neutralizzano questi frammenti proteici, impedendo loro di giungere a livello sistemico ed innescare il fenomeno allergico. Tale meccanismo viene definito “di tolleranza”. In presenza di danni alla mucosa intestinale (in caso di patologie gastrointestinali infiammatorie acute autolimitantesi, infezioni, malassorbimento), in caso di insufficiente azione digestiva degli enzimi proteolitici o di debilitazione del sistema immunitario, questi frammenti proteici ad alto peso molecolare possono sfuggire a questo controllo “di tolleranza” e giungere a livello sistemico, stimolando il sistema immunitario a produrre le immunoglobuline di tipo E. Questa è la prima sensibilizzazione, cui farà seguito la reazioni allergica vera e propria, in caso di future assunzioni dell’alimento.

Fattori peggiorativi

Esistono molti fattori, alimentari e non, che possono interferire con la severità dei sintomi, associati alle manifestazioni allergiche. Nel periodo invernale il freddo stimola la produzione di istamina che, in aggiunta a quella liberata durante la reazioni allergiche, determina sintomatologie più gravi. Se il Paziente è allergico nei confronti di più antigeni, la manifestazione allergica sarà la sommatoria delle singole allergie, quando più allergeni sono presenti contemporaneamente. L’incidenza delle allergie alimentari è in crescita, soprattutto nei Paesi industrializzati. I fattori ambientali, come lo smog, lo stress, il fumo non hanno il ruolo che si credeva nello sviluppo delle patologie allergiche e non possono essere considerati fattore causale di patologie di natura allergica, ma possono contribuire a rendere la sintomatologia più marcata ed evidente. Paradossalmente, invece, l’eccessiva igiene può essere chiamata in causa come fattore causale. Infatti, l’eccessivo livello di igiene, rispetto al passato, è causa di ridotta esposizione ad antigeni. Studi farmacologici hanno evidenziato che, in condizioni normali, i linfociti T producono interferone gamma, che a sua volta stimola la produzione di anticorpi antibatterici ed antivirali che sono le cellule Natural Killer. Invece, in ambienti in cui predomina un eccesso di igiene, il sistema immunitario produce interleuchina (IL4), che a sua volta induce la produzione di Immunoglobuline IgE, cioè di quegli anticorpi direttamente responsabili delle allergie. In un recente studio è stato osservato che l’incidenza di patologie immunitarie, come le dermatiti atopiche e le malattie autoimmuni, in una Regione, è proporzionale al reddito dei suoi abitanti ed al livello socio-economico delle famiglie. L’aumento d’incidenza delle allergie sarebbe dovuto al ridotto contatto dell’organismo con agenti infettivi, con un sotto-utilizzo del nostro sistema immunitario. Ciò porterebbe le nostre difese immunologiche a percepire come “nemiche” altre molecole esogene, scatenando la reazione allergica.

Abitudini alimentari

Le allergie si sviluppano con tanta maggiore probabilità, quanto più frequente è il contatto con l’allergene che può causarle. Nel caso specifico, parliamo di allergie alimentari e quindi di nutrienti. La maggiore frequenza di allergie ad alcuni alimenti, in determinate aree geografiche, è perciò correlata alle abitudini gastronomiche della popolazione. Il contatto ripetuto con l’allergene sviluppa la sensibilità ad esso. Per esempio, l’allergia al riso è molto frequente nei Paesi asiatici, così come l’allergia alimentare alle arachidi è una delle più frequenti negli Stati Uniti, tanto da renderla un vero problema sociale, poichè la semplice inalazione di particelle di questo nutriente può favorire la comparsa dell’allergia. Un altro esempio è l’allergia al kiwi, sconosciuta in Italia e divenuta frequente da quando, negli anni ’80, questo alimento è entrato nell’utilizzo corrente sulle nostre tavole.
Reazioni allergiche cutanee a determinati alimenti

Diagnosi

Il metodo più semplice ed utilizzato per la diagnosi delle allergie alimentari è l’esame del sangue, con il dosaggio delle IgE totali (Prist) e delle IgE specifiche (Rast). Per il Rast, il Paziente deve precisare, all’atto del prelievo, quali allergeni e nutrienti egli ritiene che possano essere imputati, per i disturbi di cui soffre. Si può anche ricorrere ai così detti test alimentari di provocazione, che consistono nell’assumere i nutrienti sospetti e valutare la reazione del Paziente. Questo metodo è pratico, ma sconsigliabile, perché rischioso. Si possono poi effettuare i test intradermici, inoculando il nutriente nel derma del Paziente, con una siringa ipodermica. Si valuta la reazione cutanea ad ogni nutriente testato e si possono selezionare così i cibi da eliminare dalla dieta, perché sospettati di causare i disturbi gastrointestinali ed allergici, come rinorrea, congiuntivite, asma. Tali test però sono poco specifici, nel senso che si verificano molti falsi positivi, e se ne sconsiglia perciò l’utilizzo. I test cutanei si effettuano scarificando leggermente la cute e mettendola in contatto con il nutriente da testare. Gli estratti alimentari che si utilizzano non sono standardizzati e questo altera i risultati. E’ più utile un skin-test, effettuato direttamente con il cibo fresco, applicato sulla cute scarificata. Anche qui sono frequenti però i falsi positivi e si deve sempre confermare il risultato con il test alimentare di provocazione. Un metodo empirico molto adottato, perché economico e non rischioso, è quello della dieta di eliminazione, che consiste nell’eliminare dalla dieta di partenza tutti gli allergeni alimentari più comuni (latte, uova, crostacei, noci, grano, semi di soia e cioccolata). Se i sintomi migliorano, si reintroduce un alimento per volta, per stabilire quale è il responsabile dei fenomeni allergici. Talora i Pazienti, esasperati per la mancanza di una diagnosi che certifichi la causa dei loro disturbi, si rivolgono alla Medicina non Convenzionale e a test diagnostici non validati dalla Scienza ufficiale.

Terapia

La terapia consiste nell’eliminare i cibi ed i nutrienti verificati come allergeni. La desensibilizzazione orale consiste nel reintrodurre a piccole dosi il nutriente responsabile, ma è di dubbia efficacia ed è più indicata nelle forme di intolleranza alimentare, piuttosto che nelle forme di allergia. Un consiglio utile è quello di riscaldare i cibi, perché questo riduce la loro antigenicità, perché il calore denatura le proteine. La terapia farmacologica si avvale degli antistaminici e dei cortisonici, che sono da utilizzare nelle fasi acute. Alimenti responsabili delle reazioni allergiche La FAO (Food and Agricolture Organization) e la Commissione Europea hanno elaborato una lista degli alimenti a rischio per allergie alimentari. Da questo documento, ricavato da vastissimi dati statistici ed epidemiologici, si evince che il 90% delle reazioni allergiche su base alimentare è causato da solo otto alimenti. Questi sono:
  • il latte: l’allergia alle proteine del latte vaccino è la prima causa di allergia alimentare e colpisce soprattutto i bambini. Quest’allergia può insorgere anche tra le persone impiegate in stabilimenti dove si lavora il latte in polvere. In questi reparti, per evitare la sensibilizzazione, è obbligatorio l’utilizzo della mascherina;
  • la soia: è un alimento allergenico e può dare allergia crociata tra la globulina 11S in essa contenuta e la caseina del latte di mucca. Alcuni suoi componenti, come la lecitina e gli idrolizzati proteici, sono utilizzati come additivi alimentari;
  • l’uovo: l’uovo contiene proteine allergeniche, come ad esempio l’ovoalbumina. Alcune di queste si denaturano con la cottura, perdendo le proprietà allergizzanti. Ecco perché è preferibile mangiare cotti questi alimenti;
  • il pesce: questa allergia è frequente nei Paesi scandinavi, dove il merluzzo è tra gli alimenti più usati. Il rischio è maggiore per le persone che lavorano a stretto contatto con questo alimento, ad esempio negli stabilimenti dove si producono farine di pesce. Infatti, mentre a livello intestinale, le immunoglobuline IgA secretorie possono impedire o ridurre l’assorbimento sistemico degli allergeni, con l’azione “di tolleranza”, tale meccanismo di protezione non sussiste a livello respiratorio ed è perciò necessario l’utilizzo di mascherine.
È importante eseguire test diagnostici, per scoprire se si tratta di una reazione pesudo-allergica o di una vera e propria allergia. Infatti molti pesci contengono sostanze istamino-liberatrici o sono essi stessi fonte di istamina;
  • le arachidi e le noci: l’allergia alle arachidi fino a pochi anni fa era un problema limitato agli Stati Uniti d’America, dove se ne fa abbondante utilizzo, ma ora si sta diffondendo anche in Europa;
  • i molluschi e i mitili: le allergie ai mitili sono quelle più frequenti tra le due specie e colpiscono particolarmente le donne;
  • il grano: la farina di frumento raramente provoca manifestazioni allergiche. L’allergia al grano non va confusa con la celiachia, che è una patologia auto-immune completamente diversa;
  • la frutta: tra la frutta, soprattutto le banane, l’avocado, le castagne, il melone, il kiwi e le fragole possono dare reazioni allergiche o pseudo-allergiche. Tra le verdure il sedano rappresenta uno degli alimenti più allergenici.
Alcuni frutti ed ortaggi freschi scatenano reazioni allergiche a tipo cross-reattività (o reattività crociata), per cui alimenti diversi possono causare manifestazioni allergiche simili, in quanto contengono antigeni con sequenze amminoacidiche affini. In particolare, gli allergeni presenti in alcuni frutti e ortaggi sono simili a quelli contenuti in alcuni pollini. Ad esempio, le persone allergiche all’ambrosia, possono esserlo anche ai meloni, così come soggetti allergici al polline di betulla manifestano spesso reazioni allergiche alle mele.

Additivi alimentari implicati in reazioni allergiche o d’intolleranza

Anche gli additivi, presenti negli alimenti, possono causare reazioni allergiche o di intolleranza. I più frequenti sono: i solfiti, spesso addizionati come conservanti o come antiossidanti, per esempio nei vini, e sono pericolosi per le persone asmatiche; i salicilati, che sono presenti in alcuni alimenti, come frutta secca, frutti di bosco, arance, uva, erbe aromatiche, vini e liquori, oppure vengono aggiunti come conservanti, per esempio nelle conserve di pomodori. Possono essere causa di forme di orticaria cronica; la tartrazina, che è un colorante di sintesi, segnalato in etichetta, secondo le normative CEE, con il suo nome o codice E102, e viene addizionato agli alimenti per dare un piacevole colore giallo. È presente in bevande, nelle maionesi e nei budini e può essere causa di orticaria e asma; l’anidride solforosa, che viene utilizzata per il trattamento dell’uva e dei mosti e che si aggiunge a marmellate, succhi di frutta, aceto, macedonie e insalate; il rosso carminio, che viene utilizzato nell’industria alimentare, cosmetica e farmaceutica ed ha un potere allergenico riconosciuto.

Allergeni occulti e alimenti transgenici

Nella preparazione di molti alimenti confezionati si utilizzano altre sostanze o altri alimenti, per le loro proprietà conservanti o emulsionanti o altro. I Pazienti devono perciò controllare le confezioni e le preparazioni, evitando quei prodotti, preparati con additivi, cui essi risultino allergici. Occorre fare maggiore attenzione all’etichettatura, in quanto la così detta direttiva “allergeni” impone alle aziende alimentari di mettere in guardia il consumatore dalla possibile presenza di allergeni. È obbligatorio indicare sulla confezione la provenienza ed indicare anche i prodotti alimentari precedentemente trattati nella stessa fabbrica, per la possibilità che nell’impianto possano trovarsi particelle residue allergizzanti, che contaminino il prodotto. Nella preparazione di alimenti, sostanze e piante transgenici vengono inseriti frammenti di DNA, provenienti da un altro nutriente o da un’altra specie botanica. Può succedere che persone, non allergiche ad un nutriente, abbiano comunque una manifestazione allergica, che può essere dovuta ad un’allergia nei confronti del nutriente, il cui DNA era stato utilizzato per la produzione dell’alimento transgenico.
Manifestazioni cutanee di allergie alimentari

Intolleranze alimentari

Ho già detto come le intolleranze alimentari facciano parte del vasto gruppo dei disturbi definiti come reazioni avverse al cibo: si parla di intolleranza alimentare, piuttosto che di allergia, quando la reazione non è provocata dal sistema immunitario. Le intolleranze sono più frequenti delle allergie. Il Medico dell’antica Grecia Ippocrate parlava di malesseri legati all’ingestione di latte di mucca e questo dimostra che il problema è molto antico. Le reazioni avverse al cibo costituiscono un problema non ancora risolto della medicina: infatti non sono chiari i meccanismi patogenetici e c’è incertezza sulla sintomatologia clinica, sulla diagnosi e sui test che vengono utilizzati per effettuarla. Il mondo della ricerca Gastroenterologica ha dimostrato la grande diffusione di questi disturbi e il loro impatto sociale; e studia, con le più moderne tecnologie a disposizioni, le possibili cause. Le Ditte Farmaceutiche seguono questa ricerca, anche per i possibili ed evidenti risvolti economici di profitto.

Reazioni avverse al cibo: classificazione

L’American Academy of Allergy Asthma and Immunology ha proposto una classificazione che utilizza il termine generico “reazione avversa al cibo”, distinguendo poi tra allergie e intolleranze: le allergie sono mediate da meccanismi immunologici; nelle intolleranze, invece, la reazione non è provocata dal sistema immunitario. Una classificazione simile, proposta dalla European Academy of Allergology and Clinical Immunology, introduce la distinzione tra reazioni tossiche e non tossiche. Le reazioni tossiche, o da avvelenamento, sono causate dalla presenza di tossine nell’alimento e dipendono esclusivamente dalla quantità di alimento tossico che viene ingerito; un tipico esempio di reazione tossica è l’avvelenamento dovuto all’ingestione di funghi. Le reazioni non tossiche, invece, dipendono dalla suscettibilità dell’individuo e si suddividono in allergie e intolleranze. Quindi: Reazioni avverse al cibo = a) tossiche b) non tossiche = b1) allergie b2) intolleranze.

Reazioni avverse non tossiche

Intolleranze alimentari

Esistono diverse tipologie di intolleranze alimentari. Quelle enzimatiche sono determinate dall’incapacità, per difetti congeniti o per cause acquisite, di metabolizzare alcune sostanze alimentari. L’intolleranza enzimatica più frequente è quella al lattosio, un nutriente contenuto nel latte; la forma più comune di intolleranza al grano è la celiachia; un altro esempio di intolleranza, dovuta ad una carenza enzimatica, è il favismo. Le intolleranze chiamate farmacologiche sono quelle dovute all’azione di alcune sostanze, che possono essere presenti negli alimenti o prodotte dall’intestino, a partire dai nutrienti ingeriti, per azione del microbiota. Infine, la reazione può essere dovuta ad alcuni additivi aggiunti agli alimenti. In questo caso non è facile stabilire se si tratti di intolleranza o di allergia: non ci sono prove che la reazione abbia basi immunologiche, ma le manifestazioni sono così variabili e spesso così simili ad una reazione allergica, che non si può escludere la possibilità di un’interazione tra meccanismi biochimici e meccanismi immunitari. Gli additivi che dànno più frequentemente reazioni sono gli stessi che possono determinare fenomeni allergici, e cioè i nitriti, i solfiti, i nitrati, il glutammato di sodio e alcuni coloranti.

Sintomi e complicanze

La sintomatologia associata alle intolleranze alimentari è estremamente variabile: in genere si riscontrano sintomi prettamente intestinali  come dolori, diarrea , vomito. Spesso i Pazienti lamentano disturbi svariati, come cefalea, astenia, vertigini. Le allergie invece sono scatenate da meccanismi immunologici ed i sintomi possono essere anche cutanei e respiratori. La sintomatologia legata alle intolleranze può in alcuni casi divenire cronica; le allergie sono per lo più fenomeni acuti e possono avere anche complicanze più gravi, fino allo shock anafilattico.

Diagnosi

La diagnosi di intolleranza alimentare è una diagnosi di esclusione ed è possibile solo dopo aver indagato ed escluso tutte le altre patologie correlate ai sintomi e l’allergia al nutriente indagato. L’indagine diagnostica più utilizzata per individuare il nutriente responsabile dell’intolleranza alimentare è quella empirica di eliminare dalla dieta i cibi sospettati dal Paziente stesso per 2-3 settimane. Poi si reintroducono, uno per volta, i cibi esclusi e si valuta quale di essi provoca i disturbi. A questo punto si verifica, con i test diagnostici di Prist e Rast, o più raramente con quelli cutanei, se è coinvolto il sistema immunitario. Questo metodo è semplice ed economico, ma oggi esistono anche “test alternativi” per diagnosticare le intolleranze alimentari, che però spesso sono privi di attendibilità scientifica e non hanno dimostrato efficacia clinica. Tra questi il test citotossico, che si bassa sulla valutazione empirica di modificazioni morfologiche degli elementi corpuscolati del sangue, messi a contatto con i nutrienti indagati. Un altro test, sempre ematico, basato sul dosaggio delle Immunoglobuline avverse al singolo nutriente, ha una maggiore validità scientifica. Il trattamento per le intolleranze alimentari consiste nell’eliminare dalla dieta o nel consumare in piccole quantità gli alimenti che provocano la reazione. Dopo un congruo periodo di astensione da questo nutriente, si può provare a reintrodurlo gradualmente nella dieta. Ricordo come, invece, nelle allergie alimentari, il nutriente allergenico va escluso completamente dalla dieta, perché anche una piccola quantità può scatenare l’allergia. È anche più improbabile che una sua reintroduzione nella dieta possa avere un esito positivo. E’ frequente il ricorso a test diagnostici non validati dalla Scienza ufficiale.

Intolleranza al lattosio

La più comune intolleranza enzimatica è quella al lattosio, generalmente ereditaria e molto diffusa in Asia e in alcune regioni dell’America. In Europa, è più frequente nelle aree mediterranee, tra cui l’Italia e meno nel Nord. Il lattosio è lo zucchero contenuto nel latte. Prima di essere assorbito e utilizzato dall’organismo, il lattosio deve essere scomposto nelle sue componenti, il glucosio e il galattosio. Perciò è necessario un enzima chiamato lattasi. Se non vengono prodotte sufficienti quantità di lattasi, una parte del lattosio può non essere assorbito. La scarsa produzione di lattasi non implica necessariamente l’intolleranza al lattosio. Questa intolleranza, inoltre, può essere controllata dall’utilizzo di enzima artificialmente prodotto e ridotta attraverso la graduale reintroduzione nella dieta dei cibi contenti lattosio. La sintomatologia è dose-dipendente: maggiore è la quantità di lattosio ingerita, più evidenti sono i disturbi ed sintomi. Questi sono flatulenza, diarrea, gonfiore e dolori addominali. In caso di diagnosi di intolleranza al lattosio, non è sempre necessario eliminare completamente i prodotti che lo contengono, ma è possibile individuare la quantità massima di lattosio che può essere tollerata senza scatenare sintomi. Se l’intolleranza è grave, è importante fare attenzione e leggere accuratamente le etichette degli alimenti: il lattosio, infatti, è utilizzato in molti cibi pronti.
Allergie ed intolleranze alimentari

Approfondimenti:

Test diagnostici per intolleranze alimentari, alcuni non riconosciuti dalla Medicina ufficialeGluten sensitivity (o intolleranza non celiaca al glutine), pseudo-allergie alimentari e allergia al grano

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