Cancro del Fegato
Tumori del fegato
Il fegato è spesso colpito da tumori , i più frequenti dei quali sono quelli secondari, cioè che partono da un’altra sede e le cui cellule cancerose arrivano all’organo per via ematica e formano noduli neoplastici ripetitivi. I tumori primitivi, invece, nascono direttamente nel fegato e la loro incidenza è in continuo aumento nei Paesi Occidentali, mentre ad oggi sono più frequenti nelle popolazioni asiatiche ed africane.
Tumori primitivi del fegato
I tumori primitivi del fegato possono essere benigni o maligni, con grande prevalenza di questi ultimi. Possono avere origine da varie cellule o strutture: dagli epatociti, che sono le cellule del parenchima epatico, dalle vie biliari (quei canalicoli che trasportano la bile), dal tessuto connettivo del fegato o dai vasi sanguigni. I tumori che nascono dalle cellule epatiche sono i più frequenti e si chiamano epatocarcinomi. Il cancro del fegato che nasce dalle vie biliari si chiama colangio-carcinoma. Il tumore epatico può trovarsi anche nei bambini e si chiama epatoblastoma.
Frequenza del tumore al fegato
La malattia ha un’incidenza di 0,5 casi su 100.000 persone nei paesi occidentali, mentre di 110 casi su 100.000 in alcuni paesi sudafricani, dove risulta il tumore più frequente in assoluto per l’alta percentuale di pazienti contagiati dai virus dell’ epatite , che è un fattore predisponente. In Italia l’incidenza è di 10 casi su 100.000.

Etiologia
L’epatocarcinoma si associa frequentemente alla cirrosi epatica , laddove è presente una spasmodica proliferazione cellulare, con aumento della velocità di sintesi del DNA; in questo convulso processo, possono determinarsi aberrazioni cellulari che portano al cancro. Anche le epatiti virali sono un fattore favorente l’instaurarsi del tumore. I portatori di epatite C o B devono anche per questo sottoporsi a frequenti controlli. Il virus dell’epatite B è in grado di inserirsi nel DNA degli epatociti, inducendoli a proliferare in maniera incontrollata; quello dell’epatite C non si integra nel DNA, ma favorisce il tumore al fegato con meccanismi ignoti. Un’altra patologia che favorisce l’epatocarcinoma è l’emocromatosi, cioè l’accumulo di ferro in vari organi, tra i quali il fegato.
Alcune sostanze presenti in natura ed utilizzate per l’alimentazione sono cancerogene, come le nitrosamine, che derivano dai nitrati presenti in diversi alimenti e conservanti. Alcune micotossine (prodotte da funghi che colonizzano arachidi e cereali) hanno la stessa capacità patogena. Di queste la più importante è l’aflatossina, sostanza prodotta da un fungo, l’Aspergillus flavus, diffuso in certi paesi tropicali, dove la contaminazione del cibo da parte di aflatossine è frequente ed il carcinoma primitivo del fegato è diffuso. L’arsenico ed il cloruro di vinile monomero (che si ritrova nell’industria della plastica), sono oncogeni per il fegato e provocano l’angiosarcoma epatico. Un mezzo di contrasto radioattivo, chiamato Torostat, non più utilizzato, era oncogeno anch’esso.
Altri possibili fattori cancerogeni sono gli ormoni steroidi anabolizzanti ad alte dosi, il fumo di sigaretta e l’alcol. Alcuni parassiti come l’Echinococcus Granulosus, lo Schistosoma Haematobium e l’Ameba, possono provocare cisti epatiche, generalmente benigne. I contraccettivi orali aumentano, anche se di poco, il rischio di sviluppare tumori al fegato di natura benigna.
Il tumore al fegato , come tutti i tumori, va stadiato, cioè bisogna definire il grado di malignità e la dimensione del tumore per programmare la terapia. In questa fase si decide se è possibile operare il paziente, considerando che la maggior parte dei tumori epatici non è aggredibile chirurgicamente. Questo tipo di tumore è molto grave per via del ruolo fondamentale dell’organo e dei suoi rapporti con gli organi addominali viciniori. La sopravvivenza a cinque anni è bassa e si aggira attorno al cinque per cento, anche perché spesso la malattia viene diagnostica tardivamente, poiché dà scarsi segni di sè nelle fasi iniziali.
I tumori primitivi del fegato sono un nodulo unico o noduli multipli, per lo più nella parte destra dell’organo, oppure in forma multinodulare diffusa, come avviene di frequente se il tumore origina da noduli cirrotici, e si parla in tal caso di cancro-cirrosi. I tumori epatici possono dare metastasi nello stesso organo (metastasi intraepatiche), oppure in altre sedi (extraepatiche). Queste ultime avvengono nei linfonodi viciniori, ma possono coinvolgere anche i linfonodi del mediastino (nel torace) e quelli cervicali. Possono aversi metastasi in altri organi, come quelli del sistema gastro-intestinale in ogni sua sede ( colon , stomaco ), nel polmone, nella mammella, nelle ossa, nelle vertebre, nelle costole e l’encefalo.
Il tumore del fegato è chiamato tumore silenzioso perché, determina una scarsa sintomatologia iniziale. Con il diffondersi del cancro, questi compaiono, ma sono aspecifici. Può essere presente dolore nella parte superiore dell’addome, con irradiazione posteriore ed alle spalle, dimagramento, nausea ed inappetenza, vomito, astenia, ittero con urine scure.
Diagnosi
Come sempre in Medicina la diagnosi si avvale di vari step. Essi sono:
l’esame obiettivo, con la valutazione clinica, che è imprescindibile e che sarà preceduta da una raccolta anamnestica. L’eventuale presenza di masse sospette indica un problema già avanzato, così come la presenza di ascite. La prevenzione deve prevedere opportuni controlli prima che il problema si presenti, e ciò vale maggiormente per i portatori di malattie epatiche croniche o di familiarità.
Gli esami di laboratorio debbono prevedere gli esami ematici di routine, oltre ai dosaggi delle transaminasi e della bilirubina, e la ricerca di un marcatore tumorale, l’alfa-fetoproteina, presente con valori patologici solo nella metà dei casi. In questa fase iniziale una Gastroscopia dovrà valutare altre possibili cause di maldigestione, oltre che eventuali danni arrecati dalla malattia epatica.
Gli esami strumentali o di imaging sono importanti. L’ecografia, che non è invasiva ed ha un costo contenuto, ci permette la visione del fegato e degli organi circostanti e le masse tumorali sono distinguibili dai tessuti sani. In casi dubbi si consiglierà una TAC (tomografia computerizzata) che è un esame radiologico che cattura immagini da diverse sezioni dell’organo ed i dati vengono elaborati da un computer, che ricostruisce un’immagine dettagliata del fegato, degli organi vicini e dei vasi sanguigni. La metodica è migliorata ed amplificata dall’utilizzo dei mezzi di contrasto. La TAC consente la diagnosi di un eventuale tumore nel fegato e in tutti gli organi parenchimatosi addominali. La RM Risonanza Magnetica è un altra metodica di imaging che sfrutta i campi magnetici generati da un magnete collegato a un computer. Le aree colpite da un tumore dànno immagini che possono essere distinte da quelle dei tessuti sani.
La Colangio-RM e la Colangio-Pancreato-RM sono le Risonanze Magnetico Nucleari che studiano in modo specifico l’albero biliare ed il pancreas. Questi esami radiologici sono il gold standard per la diagnosi di colangio-carcinoma.
La CPRE (Colangio-Pancreato-Grafia-Retrograda-Endoscopica) è quell’indagine mista, endoscopica e radiologica, che ancora più specificamente serve per la diagnostica dei tumori delle vie biliari, ma che, in considerazione dell’alta validità diagnostica della Colangio-Risonanza, si riserva a quei casi per i quali sia prevista una procedura operativa, come ad esempio il posizionamento di una protesi biliare.
L’angiografia epatica è un esame più invasivo perchè si avvale dell’amplificazione dell’immagine determinata dal mezzo di contrasto. Questo viene iniettato direttamente nell’arteria epatica per una definizione visiva maggiore. Quest’indagine consente di visualizzare i vasi che irrorano il fegato ed eventuali tumori che vi si annidano.
La biopsia consiste in un prelievo di tessuto epatico sospetto per effettuare l’esame istologico. Essa viene effettuata in anestesia locale, inserendo un ago nell’addome, con prelievo di un campione di tessuto, sotto la guida della TAC o dell’ecografia. Il prelievo può essere effettuato in laparoscopia, cioè attraverso una piccola incisione nell’addome o, ancora, durante un vero e proprio intervento chirurgico laparotomico.
Terapia
Questa patologia può essere trattata in diversi modi e da diversi specialisti. E’ importante l’informazione che viene data al paziente e che egli sia parte attiva nelle decisioni che lo riguardano.
Nelle fasi iniziali il trattamento sarà risolutivo, se il paziente è in condizioni di affrontare un intervento chirurgico impegnativo. I trattamenti alternativi evitano comunque che la malattia si diffonda e consentono una qualità di vita accettabile.
La scelta terapeutica dipende dal numero di lesioni tumorali presenti nel fegato, dalla loro posizione, dalla loro grandezza e dalla valutazione se abbiano o meno iniziato a diffondersi metastaticamente; anche le condizioni generali del paziente sono importanti per le decisioni.
Si possono verificare le seguenti condizioni:
- tumore localizzato ed operabile, quando la massa tumorale è unica o sono più lesioni, di diametro ridotto, tutte localizzate nella stessa sezione di fegato, non c’è diffusione metastatica ed il fegato ha una buona funzionalità. Si interviene allora chirurgicamente asportando la parte malata del fegato (epatectomia). Si può rimuovere anche un intero lobo, se la parte restante è in grado di svolgere le normali funzioni. In casi particolari è possibile asportare tutto l’organo e sostituirlo con un trapianto.
- tumore localizzato, ma non operabile: il tumore, anche se è confinato, può non essere asportato a causa della cirrosi o di altre patologie che compromettono la funzionalità dell’organo o per le condizioni generali del malato. In questi casi, si può affrontare la patologia con altre metodiche:
- la termoablazione, che si effettua sotto controllo radiologico TAC, in cui la massa tumorale viene distrutta dal calore generato da una sonda che agisce con frequenze radio oppure con il laser o con le microonde.
- l’iniezione percutanea di etanolo (alcolizzazione): l’etanolo è un alcol che distrugge le cellule neoplastiche e viene iniettato direttamente nel tumore sotto guida ecografica.
- l’infusione di chemioterapici nell’arteria epatica: i farmaci antitumorali sono particolarmente tossici e se il paziente non è in buone condizioni generai, questi vengono iniettatati nell’arteria epatica ed arrivano direttamente nel fegato, con con un intervento di radiologia vascolare interventistica. In tal modo si riducono i danni dei farmaci antiblastici sull’organismo. Può essere inserita sotto cute una micropompa, che regola la cessione dei farmaci nell’arteria.
- la chemioembolizzazione: insieme ai farmaci antiblastici si iniettano nell’arteria epatica o nei suoi rami piccole sfere di materiale inerte che trattengono dentro il tumore i farmaci che arrivano per via della circolazione sanguigna.
- la radioembolizzazione (radioterapia miniaturizzata): è una tecnica innovativa che utilizza microsfere radioattive, iniettate direttamente nell’arteria epatica e da lì nel tumore. La radioattività viene rilasciata localmente, evitando di danneggiare i tessuti circostanti.
- il trapianto : esso è possibile solo in casi selezionati secondo precisi criteri ed è condizionato dalla disponibilità di un organo. Il tumore non deve essere troppo avanzato e non deve essere metastatico, altrimenti si renderebbe inutile la procedura.
Il tumore in stadio avanzato di malattia epatica: se si è in presenza di una cirrosi in fase avanzata, che compromette le funzioni del fegato, si possono effettuare soltanto terapie sintomatiche, senza aggredire la malattia in sé. Se invece la cirrosi è in fase di compenso, si può utilizzare un nuovo farmaco, il Sorafenib, che è approvato per il trattamento del cancro primario renale e per il tumore al fegato in fase avanzata (carcinoma epatocellulare).
Tra le terapie sintomatiche riveste particolare importanza l’intervento palliativo di drenaggio della bile, che è molto importante per garantire condizioni di vita accettabili per il paziente. Esso si esegue con la CPRE Operativa e posizionamento di una protesi nel tratto dell’albero biliare, compresso dal cancro. Le protesi drenanti possono essere inserite anche per via Trans-Parieto-Epatica dal Radiologo Interventista.
Recidive: si presentano per lo più entro due anni dalla diagnosi del tumore primario e vengono di nuovo operate o trattate diversamente, a seconda della situazione.
Fattori di rischio:
- infezioni croniche da virus epatitici di tipo B e C. L’epatite cronica può causare la degenerazione tumorale degli epatociti.
- la cirrosi : la cirrosi è una malattia si sviluppa quando le cellule del fegato vengono danneggiate e sostituite con tessuto cicatriziale. Il cinque per cento delle persone con cirrosi sviluppa un tumore del fegato.
- le aflatossine: sono sostanze che si sviluppano in alcuni tipi di muffa e contaminano gli alimenti.
- il sesso: gli uomini sono più soggetti ai carcinomi epatici.
- la familiarità: chi ha un caso in famiglia ha un rischio maggiore rispetto alla media.
- l’età: nella maggior parte dei casi il tumore insorge dopo i 60 anni.
Prevenzione
Si attua riducendo il consumo eccessivo di alcol e l’esposizione ai virus dell’epatite. La vaccinazione per l’epatite B in Italia è obbligatoria, mentre per l’epatite C non sono disponibili vaccini. L’epatite A non aumenta il rischio di ammalarsi di tumore del fegato. In caso di epatite cronica B o C, gli attuali farmaci antivirali o immunosoppressori debellano il virus o rallentano la replicazione virale, riducendo il rischio cancro.