Dieta per l'Intestino Irritabile

Dieta sindrome intestino irritabile

La sindrome dell’intestino irritabile  (S.I.I. o Irritable Bowel Syndrome I.B.S. in inglese) è una sindrome complessa e variegata, che presenta sintomi polimorfi, alcuni attinenti il sistema digestivo, altri riferibili ad altri distretti organici. Tra i primi, i più frequenti sono le coliche o i crampi intestinali, il dolore addominale, la nausea, il gonfiore, la flatulenza, l’aerofagia, l’alvo alterno, cioè un’alternanza tra costipazione e diarrea. La sindrome è causa di disagio e stress, non è pericolosa quoad vitam, ma la maggior parte delle persone che ne soffre riferisce di una bassa qualità di vita. La maggior parte dei pazienti non riesce a tenere sotto controllo i sintomi solo con la dieta, anche se questa è importante e di grande ausilio.
Negli Stati Uniti, il 20 per cento della popolazione presenta i sintomi della sindrome dell’intestino irritabile, che colpisce più le donne che gli uomini ed inizia prima dei 35 anni.

I sintomi

I sintomi che riguardano l’apparato digerente sono: il gonfiore addominale, la defecazione difficoltosa, con frequenza ridotta a meno di tre evacuazioni settimanali, con svuotamento incompleto, che deve essere ripetuto più volte in tempi ravvicinati. Altre volte la defecazione è diarroica ed impellente, con senso di tenesmo e dolore al basso ventre, con scariche più di due o tre volte al giorno, di feci sfatte o liquide. Il dolore è frequente o costante e per lo più è attenuato dalla defecazione. Nella forma a prevalenza stitica, la consistenza delle feci è duro-granulosa, a forma voluminosa, oppure a palline, come le feci caprine; nella forma a prevalenza diarroica, le feci sono poltacee ed acquose. In entrambe le tipologie di intestino irritabile può essere presente passaggio di muco.

Come risulta dalla varietà dei sintomi, è possibile classificare alcune sottospecie della sindrome dell’intestino irritabile. Esse sono: la forma a prevalenza stitica, quella a prevalenza diarroica, quella che presenta alvo alterno e quella inclassificata, così definita per il fatto che presenta sintomi disomogenei, variabili, alcuni dei quali attinenti altri organi e distretti.

L’eterogeneità della sindrome prevede molti altri segni che i pazienti lamentano, che sono stati a loro volta distinti in intestinali ed extra-intestinali.

I sintomi intestinali, associati alla sindrome dell’intestino irritabile, sono: un senso di sazietà precoce e di gonfiore, con distensione dello stomaco  e del colon , borborigmi diffusi, nausea, alitosi soggettiva od oggettiva e sensazione di bocca arsa, sapore sgradevole e di amaro in bocca, talora difficoltà a deglutire ed inappetenza per precoce senso di pienezza, dolori al basso ventre, all’ ano  ed al perineo. Alcuni di questi sintomi devono essere meglio indagati e valutati dallo Specialista Gastroenterologo  ed indurranno ad ulteriori e più approfonditi accertamenti.

I sintomi non intestinali, associati alla sindrome dell’intestino irritabile, possono essere a loro volta suddivisi in: urinari, se ascrivibili al distretto urinario, come lo svuotamento incompleto o difficoltoso della vescica, la necessità di urinare la notte, l’urgenza alla minzione; ginecologici, se attinenti alla sfera sessuale femminile, come le mestruazioni dolorose, la vulvodinia, la dispareunia, cioè i rapporti sessuali dolorosi, il vaginismo e le frequenti infezioni ginecologiche.

Altri disturbi di carattere generale sono: la presenza di vertigini e nausea, con segni di disautonomia, la neurodermatite, i dolori muscolari e tendinei, come nella sindrome fibromialgica, la stanchezza cronica con sonnolenza, la cefalea, i sintomi di ansia, depressione e paura delle malattie, la disfagia con la sensazione di nodo alla gola.

Alcune condizioni possono simulare o determinare la sindrome del colon irritabile, come l’utilizzo di alcuni farmaci (gli psicofarmaci, i lassativi, gli anti-ipertensivi, gli anti-Parkinson, i diuretici), alcune errate abitudini di vita, alcune intolleranze alimentari, un eccessivo introito di fibre, l’intolleranza agli zuccheri come il lattosio, il fruttosio, il sorbitolo, una condizione misconosciuta di stipsi  cronica a lento transito, l’ostruzione funzionale alla defecazione (la così detta defecazione ostruita), a volte collegata al prolasso rettale, al rettocele, all’anismo, alla sindrome del perineo discendente, il malassorbimento dei sali biliari, la presenza di malattie organiche dell’apparato gastroenterico, come i tumori, la malattia diverticolare , il morbo celiaco , il morbo di Crohn , la colite ulcerosa , le parassitosi, la calcolosi biliare , la sindrome post-colecistectomia, altre malattie organiche non gastrointestinali, come quelle endocrine, neurologiche, del connettivo e le malattie psichiatriche.

Non va dimenticata la sindrome della “gluten sensitivity”, recentemente considerata come entità nosologica a sè stante. Si diagnostica questa sindrome quando il morbo celiaco, con le tipiche alterazioni di laboratorio ed isto-patologiche della malattia, è stato escluso, ma è presente l’intolleranza IgG mediata al glutine e, soprattutto, è chiara la sintomatologia clinica del paziente.

Nell'intestino avvengono gli scambi alimentari
Per la diagnosi di intestino irritabile vanno esclusi i problemi neoplastici

Diagnosi

Per la diagnosi è necessario un controllo specialistico dal Gastroenterologo. Essa può essere posta se le manifestazioni descritte persistono in maniera continua o ricorrente per un periodo di almeno tre mesi. Se lo Specialista  non rileva sintomi così detti di allarme, la diagnosi può essere fatta con un’anamnesi accurata, ma spesso è possibile verificare, alla palpazione dell’addome, il meteorismo lamentato dal paziente e la così detta corda coli. Con questo termine lo Specialista fa riferimento ad un colon  contratto e dolente alla palpazione, spesso a livello della fossa iliaca sinistra e del fianco sinistro, ma talora anche a livello del colon destro, del colon trasverso, con irradiazione posteriore del fastidio. L’accurato approccio anamnestico può essere sufficiente a porre diagnosi, senza eseguire particolari procedure diagnostiche. Ma lo Specialista deve valutare quei sintomi di allarme, quelli cioè che lo inducono a prescrivere ulteriori indagini. Per esempio nei pazienti di età inferiore a 45 anni e con anamnesi familiare negativa per tumori intestinali è sufficiente effettuare soltanto controlli generici come un esame emocromocitometrico, velocità di eritrosedimentazione e proteina C reattiva, sideremia, esame delle urine e delle feci. Ma lo Specialista può ritenere opportuno anche la titolazione sierica degli anticorpi anti-endomisio ed anti-gliadina ed il dosaggio della trans-glutaminasi, la cui negatività porta in buona percentuale all’esclusione della celiachia, dopo aver valutato anche il dosaggio delle immunoglobuline. L’esofagogastroduodenoscopia con biopsie duodenali è necessaria in caso di dubbio diagnostico.
Il dosaggio serico del TSH e degli ormoni tiroidei serve ad escludere disfunzioni tiroidee che possono essere responsabili o corresponsabili di patologie gastroenterologiche.
Nei casi in cui il paziente abbia presentato rettorragia, si deve procedere all’esecuzione di una colonscopia.
È importante escludere un diabete iniziale, che può causare un rallentato transito, dosando la glicemia e l’emoglobina glicosilata. Ugualmente il dosaggio del paratormone servirà ad escludere l’iperparatiroidismo.

I tempi di transito intestinale, la colonscopia, la defecografia e la manometria anorettale saranno necessari nei casi a componente stitica.
L’ecografia dell’addome sarà prescritta nei casi in cui vi è sospetto di malattie extraintestinali alla base del dolore. Anche la TAC, la RM dell’addome e la Defeco-RM saranno valutate dallo specialista Gastroenterologo.

Terapia

Il Gastroenterologo valuterà la terapia più adatta alla risoluzione degli eventi patogenetici alla base della S.I.I. Le situazioni o gli alimenti correlati alla riesacerbazione dei sintomi possono essere riportati in un diario, nel quale annotare anche la frequenza dell’alvo o l’intensità del dolore e del meteorismo e l’alimentazione associata alle crisi. L’uso di farmaci ansiolitici, nei brevi periodi in cui il paziente riconosce il proprio stato d’ansia, può aiutare nel ridurre la partecipazione psicologica al dolore, con riduzione dello stesso. L’utilizzo di alcuni antidepressivi, come i serotoninergici o l’amitriptilina, che presenta un’azione antidolore ed anticolinergica, oltre a modulare direttamente il dolore, agendo sul sistema nervoso enterico, sono in grado di migliorare la qualità del sonno e di diminuire la frequenza dei disturbi. Può essere opportuno intraprendere queste terapie in un adeguato contesto psicoterapeutico, volto anche alla ricerca e all’eliminazione degli elementi psicosociali alla base del problema. Terapie farmacologiche rivolte al controllo del dolore sono quelle che prevedono alcuni spasmolitici come il cimetropio bromuro, l’otilonio bromuro, il pinaverio bromuro, la trimebutina e la mebeverina.

La sindrome meteorica può essere combattuta utilizzando enzimi digestivi, come l’alfa e beta-galattosidasi, gli antibiotici scarsamente assorbibili ed alcuni probiotici che regolarizzino la flora intestinale. Se è presente diarrea , la frequenza delle scariche può essere diminuita riducendo l’assunzione di zuccheri quali il fruttosio, il sorbitolo ed il mannitolo. Questi ultimi due sono presenti soprattutto come dolcificanti di caramelle e gomme da masticare. Può essere utile anche associare preparati a base di caolino, come la diosmectide, per contenere la liquidità delle scariche o di farmaci anti-peristaltici, da usare occasionalmente e con moderazione. Nei soggetti con alvo prevalentemente stitico e con presenza di meteorismo, sono disponibili preparati a basse concentrazioni di polietilenglicole/sali minerali, da assumere quotidianamente per regolarizzare l’alvo.

Riguardo la dieta, occorre prima ricordare che il colon , che è lungo circa un metro e mezzo, collega l’ intestino tenue  al retto  e all’ ano. Nella sindrome dell’intestino irritabile, come la dizione corretta ricorda, l’organo implicato nella sintomatologia che il paziente lamenta, non è solo il colon, ma tutto il tratto digerente. Occorre ricordare, tuttavia, che è il colon il tratto di intestino maggiormente interessato dai disturbi. La sua funzione principale è quella di assorbire l’acqua ed i sali minerali dal cibo parzialmente digerito proveniente dall’ intestino tenue. La maggior parte dei nutrienti viene assorbita nel piccolo intestino, per cui nel colon arrivano già residui di scarto. Ogni giorno circa un litro di liquidi passa dall’intestino tenue al colon: ecco il motivo per il quale dal colon si sentono provenire rumori di borborigmi e guazzamento, che sono normali, entro certi limiti. Il volume delle feci è di circa 150 ml al giorno: pertanto la differenza corrisponde alla quantità di liquidi assorbita dal colon.

La motilità del colon è data dalla contrazione della muscolatura liscia del colon che trasmette il movimento ai liquidi in esso contenuti. Questa motilità è controllata dal sistema nervoso autonomo intestinale, che è in stretto contatto con il sistema nervoso centrale, per il tramite dei nervi, degli ormoni e dei neuro-trasmettitori, che propagano gli impulsi nervosi ai muscoli del colon. Questa attività contrattile sposta i liquidi in direzione del retto e durante questo passaggio l’organismo assorbe l’acqua e gli oligo-elementi di cui necessita.

Alcune volte al giorno avvengono contrazioni più importanti, che sono spesso collegate ai pasti, che creano l’onda peristaltica in grado di favorire l’atto defecatorio. Se l’attività motoria, generata dalla muscolatura del viscere, degli sfinteri e della zona pelvica non è correttamente efficace e coordinata, le sostanze contenute nel colon non progrediscono verso il retto, come dovrebbero. Ciò può determinare dolori addominali, crampi, stitichezza, con feci secche per un eccessivo riassorbimento di liquidi, sensazione di non aver eliminato tutte le feci oppure diarrea, se i movimenti intestinali sono eccessivi.

Cause

Non è stata ancora scoperta alcuna causa specifica della sindrome dell’intestino irritabile: secondo la teoria più diffusa i pazienti che ne soffrono hanno una particolarmente sensibilità e reattività a determinati alimenti e allo stress e percepiscono come dolorose alcune funzioni intestinali che nel soggetto normale non vengono avvertite. Il sistema immunitario potrebbe essere coinvolto con un’eccessiva risposta infiammatoria.

La superficie interna del colon, l’epitelio mucoso, è sotto il controllo del sistema immunitario e del sistema nervoso, regolando il transito dei fluidi. Nella sindrome dell’intestino irritabile l’epitelio sembra funzionare correttamente, ma, se i fluidi si muovono troppo velocemente, il colon perde la capacità di assorbirli. La conseguenza è che le feci risultano troppo liquide. Nella variante stitica, al contrario, il transito è troppo lento, i liquidi sono riassorbiti in eccesso e si hanno feci dure e secche e costipazione.

Alcune ricerche hanno dimostrato che la serotonina è connessa alla normale funzionalità gastrointestinale: la serotonina è un neurotrasmettitore, ovvero una sostanza chimica che trasmette i messaggi e gli impulsi nervosi. Il 95% della serotonina dell’organismo si trova nell’apparato digerente e solo il restante 5% si trova nel cervello.

Le cellule che formano la superficie mucosa dell’intestino funzionano come trasportatori, assorbendo la serotonina ed inviandola al di fuori dall’apparato digerente; i pazienti, affetti da sindrome del colon irritabile, presenterebbero una diminuzione dell’attività dei recettori e questo si tradurrebbe in livelli anormali di serotonina. Si avrebbero, come conseguenza, problemi di motilità, di defecazione alterata e di eccessiva sensibilità, con accentuazione della percezione degli stimoli nocicettivi.

Altra ipotesi è che la sindrome del colon irritabile  sia causata da un’infezione batterica dell’apparato digerente. Pazienti affetti da gastroenterite presenterebbero come conseguenza la sindrome dell’intestino irritabile, che non beneficia successivamente di terapie antibiotiche.
Può essere utile empiricamente ricercare i nutrienti che si dimostrano tossici per l’organismo, dosando nel siero le Immunoglobuline contro questi nutrienti. Questo è il test più attendibile per le così dette intolleranze alimentari, tra le quali citiamo la recente entità nosologica nota come “Gluten Sensitivity”, assimilabile alla celiachia, della quale non condivide il meccanismo fisio-patogenetico auto-immune.

Un eccesso di proteine e lipidi può causare stipsi

Sintomi

Dei sintomi variegati che si manifestano nella sindrome dell’intestino irritabile si è già detto. Voglio qui ribadire che il peggioramento di questi può essere collegato a pasti abbondanti, assunti voracemente, con accumulo di gas, all’alimentazione con grano, orzo, segale, configurandosi una possibile celiachia o gluten sensitivity. Anche la cioccolata, il latte ed i suoi derivati e alcool, possono peggiorare la sintomatologia, così come l’assunzione di bevande caffè, tè o coca-cola. L’assunzione di questi nutrienti va evitata, come processo terapeutico primario, empiricamente, anche senza la riprova laboratoristica di allergia od intolleranza. La scienza medica è spesso empirica: ecco perchè il Medico Gastroenterologo o Dietologo può consigliare di escludere questi alimenti dalla dieta, considerando che è evidenza clinica quotidiana che essi sono spesso imputati come causa dei disturbi che i pazienti con intestino irritabile lamentano.

Altra considerazione dietetica meritano le condizioni psicologiche del paziente. Si ha conferma clinica che le situazioni di stress, di conflitto e di turbamento emotivo causano o peggiorano i disturbi. A conferma e riprova di ciò è evidenza clinica che l’utilizzo di blandi sedativi apporta giovamento al paziente, agendo sia sulla sfera psichica che sul sistema nervoso enterico.

Il discorso, più articolato e complesso, vale per tutti quei medicamenti di tipo neurologico, anti-depressivi, anticomiziali ed antinevralgici che possono essere utilizzati in questa complessa sindrome. Abilità dello Specialista  è utilizzare quelli più adatti al singolo caso, prevedendo un dosaggio minimo efficace e prevedendo una exit strategy per una successiva riduzione e poi sospensione del medicamento, dopo aver ottenuto un decondizionamento operante dalle situazioni che generano il disturbo. Sarà cura dello Specialista valutare se questo procedimento debba avvalersi di un parallelo training psicoterapeutico. Quello che è importare è creare un feeling tra il paziente ed il medico e spiegare al malato che i suoi sintomi sono molto più comuni di quanto possa credere e che il fatto di utilizzare farmaci psico-attivi non significa voler sminuire i suoi problemi, relegandoli alla nomenclatura di “disturbi psicologici”. Il fatto che la genesi di questi non sia ancora ben conosciuta (allergica, infiammatoria, infettiva, neurologica) non significa che non si condivida la situazione di disagio che il soggetto patisce, ma, al contrario, si tenta in ogni modo di combatterla.

Dieta

In molti casi l’attenzione alla dieta può far regredire i sintomi della sindrome dell’intestino irritabile. Trovare la dieta giusta è un lavoro importante, che compete al medico Specialista, ma che coinvolge il paziente. Occorre tenere un diario, annotando tutti gli alimenti che sembrano far peggiorare i sintomi, riferendo allo Specialista, il quale provvederà ad eseguire gli opportuni controlli, eseguendo i test ematici specifici.

Gli alimenti in grado di peggiorare la situazione non sono comuni a tutti i pazienti. Ecco perchè è necessario che ognuno esegua un lavoro di esclusione e poi di reinserimento dei nutrienti dalla dieta. Anche in occasione dei test ematici per allergie od intolleranze, che lo Specialista consiglierà, è necessario che sia il paziente ad indicare ai Medici del Laboratorio quali sono i cibi che peggiorano i suoi sintomi e che quindi è opportuno testare.

Tra gli alimenti e nutrienti, che più spesso sono causa di peggioramento sintomatologico, ricordiamo il latte, i dolcificanti, la marmellata, la frutta (in particolare pesche, pere e prugne), la verdura (cavoli, carciofi, spinaci, cipolla, rucola, cetrioli, sedano), le spezie, il caffè, il tè, la coca cola, le bevande contenenti caffeina, le bibite gasate.

Può essere necessario consultare uno Specialista Dietologo per essere aiutati a modificare la dieta, che deve essere intesa nel significato latino del termine, che deriva dal vocabolo dies (giorno). Essa è infatti un’impostazione di vita, che deve essere sana e prevedere atteggiamenti ed abitudini che aiutino a mantenere uno stato di benessere. Quindi non una mera elencazione di prodotti alimentari o di metodi di cottura, di dosaggio di calorie, di glicidi, lipidi e proteine, ma una regolamentazione olistica del nostro vivere quotidiano. Alcune iniziative possono essere prese autonomamente, come ad esempio, se i prodotti a base di latte risulta che facciano peggiorare i sintomi, si può provare a diminuirne la quantità. Si proverà a consumare lo yogurt, il quale alimento, rispetto agli altri prodotti a base di latte, contiene batteri che forniscono l’enzima necessario alla digestione sia del lattosio, che dello zucchero che si trova nel latte e nei derivati. I prodotti caseari sono una fonte importante di calcio e di altri importanti nutrienti, per cui, se proprio si deve eliminare il latte dalla dieta, ci si deve assicurare che gli alimenti sostitutivi contengano gli stessi nutrienti ovvero si devono assumere integratori.

Le fibre alimentari sono un supporto dietetico controverso: in alcuni casi possono mitigare i sintomi dell’intestino irritabile, in particolare la costipazione: essi non sono però sempre efficaci per il dolore e la diarrea. Bisogna tener presente che ogni caso clinico è a se stante.
Il pane e i cereali integrali, la frutta e la verdura sono fonti di fibre e possono contribuire a tenere il colon  in blanda e continua attività: questo può prevenire gli spasmi. Alcuni tipi di fibre rendono le feci più umide e quindi prevengono la formazione di feci dure e secche. Le diete ad alto contenuto di fibre possono però anche causare gonfiore e gas, anche se questi sintomi in genere scompaiono entro alcune settimane. Se si aumenta l’assunzione di fibre fino ad arrivare a 20 o 30 grammi al giorno, potrebbe diminuire il rischio di formazione di gas e di gonfiore.

Bere da sei a otto bicchieri di acqua naturale è importante, soprattutto se si ha la diarrea. Le bevande gassate come la Coca Cola e la birra, invece, contribuiscono alla formazione di gas e causano gonfiore e dolore. Masticare il chewing gum e mangiare troppo in fretta fa inghiottire aria e anche questo provoca la formazione di gas.

I pasti abbondanti possono causare crampi e diarrea, quindi è meglio consumare pasti piccoli e frequenti, alleviando i sintomi dell’intestino irritabile. E’ utile anche consumare alimenti a basso contenuto di grassi e ad alto contenuto di carboidrati, come pasta, riso, pane e cereali integrali (se non si è affetti da celiachia), frutta e verdura.

Altri consigli comportamentali, oltre adottare una dieta opportuna, sono: mangiare ad orari regolari e senza fretta, evacuare sempre alla stessa ora (preferibile al mattino dopo la colazione, quando interviene il riflesso gastro-colico), praticare una costante attività fisica, evitare l’uso eccessivo di farmaci, in particolare dei lassativi, evitare gli alcolici ed i cibi troppo speziati.

Un eccesso di fibre e latte può peggiorare i sintomi
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