Emorroidi (Malattia Emorroidaria)

Premessa

Schema delle emorroidi e dei muscoli sfinteriali

Le emorroidi  sono plessi vascolari, a forma di cuscinetti, situati nella parte terminale del retto , che arrivano fino al canale anale. Questi plessi contribuiscono al mantenimento della continenza, gonfiandosi e sgonfiandosi, a seconda della situazione. Sono presenti in tutte le persone e non vengono avvertiti in condizioni normali. La patologia emorroidaria s’instaura quando questi cuscinetti si gonfiano abnormemente, determinando sintomi, quali senso di peso, perdita di sangue e talora prurito e dolore.

Impropriamente i Pazienti usano dire di “soffrire di emorroidi”, per descrivere i sintomi della malattia emorroidaria.

Con maggiore cognizione di causa, si preferisce descrivere la patologia, come un difetto che interessa le strutture di sostegno del canale ano-rettale, allorquando quelle strutture scivolano verso il basso, generando il prolasso muco-emorroidario. In tali circostanze, la mucosa rettale spinge verso l’esterno sia le emorroidi  interne che quelle esterne (prolasso), causando i tipici sintomi della patologia.

La fisiopatogenesi della malattia emorroidaria riconosce predisposizioni genetiche, particolari stili di vita, abitudini alimentari ed altri fattori e cofattori come gravidanza, stipsi  o diarrea cronica.

La patologia emorroidaria  è la patologia ano-rettale più frequente, tanto che si stima colpisca almeno una volta nella vita circa il 90% della popolazione. I sintomi caratteristici sono comuni a diversi disturbi proctologici, spesso erroneamente etichettati come emorroidari. Tra questi, purtroppo, si nascondono anche patologie gravi, come il cancro dell’ano  e del colon-retto. Ecco il motivo per il quale è opportuno rivolgersi allo Specialista Gastroenterologo , nell’evenienza di questa patologia.

Il termine emorroidi , riferito a questi plessi vascolari, deriva dal greco antico “emos rei”, che significa “sangue che scorre”, ed indica ciò che avviene all’interno di queste strutture vascolari ed anche il sintomo più frequente di questa patologia.

L'azione terapeutica per la malattia emorroidaria deve essere delicata

I plessi emorroidari  vengono distinti in interni ed esterni, a seconda della loro localizzazione, al di sopra o al di sotto della linea dentata. In particolare, quelle interne si localizzano sopra gli sfinteri anali , i quali sono due, interno ed esterno, il primo più in alto e più verso il canale anale, il secondo più in basso e più verso l’esterno. Questi sfinteri controllano l’apertura e la continenza dell’ ano , con meccanismo involontario il primo e volontario il secondo. Le emorroidi interne si trovano sotto la membrana mucosa e possono essere apprezzate visivamente dall’esterno solo in caso di forte ponzamento, nel qual caso avviene la loro protrusione. Le emorroidi esterne sono più in basso rispetto alla linea pectinea e sono sottocutanee. In caso di patologia emorroidaria, sporgono in modo visibile e sono di colore rosso-bluastro.

Il plesso venoso emorroidale, nel suo insieme, comunica, nella donna, con il plesso utero-vaginale e, nel maschio, con il plesso venoso vescicale. Tramite questi plessi si stabilisce una comunicazione tra il circolo portale e il circolo sistemico. I plessi localizzati superiormente alla linea pectinea (o linea pettinata) costituiscono il plesso emorroidario interno, che è drenato dalle vene rettali superiori e medie, che sono tributarie della vena mesenterica inferiore, a sua volta ramo della vena porta. Questi plessi si gonfiano in caso di ipertensione portale, come avviene, per esempio, nei Pazienti con cirrosi epatica. Le vene rettali medie sono invece tributarie della vena iliaca interna e quindi della vena iliaca comune, che arriva alla vena cava inferiore. Al di sotto della linea pettinata, troviamo le emorroidi esterne. Il plesso emorroidario esterno è tributario della vena rettale inferiore, ramo della vena pudenda interna, che è tributaria della vena iliaca interna, la quale porta alla vena cava inferiore.

Etiopatogenesi della malattia emorroidaria

I fattori familiari genetici costituiscono una predisposizione. La prolungata stazione eretta o una maggiore forza di gravità, come avviene nei piloti di aerei, la stasi venosa conseguente, la stitichezza cronica , con feci secche e bozzolute, con maggiore sforzo evacuativo ed aumento della pressione addominale, sono fattori di rischio. Patologie organiche, come tumori pelvici e obesità, e condizioni fisiologiche, come la gravidanza, sono fattori causali delle emorroidi. L’ipertono dello sfintere anale  interno, che è un atteggiamento funzionale, per lo più reattivo, può causare anch’esso un ostacolo al deflusso venoso. Questo ipertono è sia causa che effetto della patologia emorroidaria, nel senso che ostacola il ritorno venoso del plesso emorroidario e, contestualmente, lo spinge verso il basso, favorendone il prolasso, anche per indebolimento del tessuto connettivo di sostegno. È peraltro causato dal bruciore, dal prurito, dal senso di peso e dal dolore, che sopravvengono quando il gavocciolo si gonfia e tende a trombizzarsi.

Rappresentazione schematica dei plessi emorroidari interni ed esterni in caso di prolasso muco-emorroidario Cilindro di mucosa asportata dal retto

Classificazione delle emorroidi

Nel tempo sono state proposte numerose classificazioni. Riporto qui quella classica, che è, in definitiva, quella maggiormente utilizzata:

– nella malattia emorroidaria  di 1° grado è presente unicamente una modesta congestione venosa del plesso interno, valutabile dallo specialista Gastroenterologo Proctologo  con l’esame esplorativo del retto , con l’anoscopia, che si esegue con un cilindro di plastica trasparente, introdotto all’interno dell’orifizio anale, e con la videoproctoscopia, esame simile al precedente, che si esegue con un tubo rigido di 13 mm di diametro, che riproduce la visione su di uno schermo;

– nella malattia emorroidaria di 2° grado è presente un prolasso muco-emorroidario durante la defecazione. Il Paziente si accorge del problema e questa fuoriuscita si riduce spontaneamente alla fine dell’atto defecatorio:

– anche nella malattia di 3° grado il prolasso emorroidario  avviene all’atto del ponzamento, ma non regredisce spontaneamente. È necessaria la riduzione manuale al termine dell’evacuazione. Il Paziente avverte il problema, ma può risolverlo autonomamente;

– nel prolasso di 4° grado, la fuoriuscita dei gavoccioli emorroidari e della mucosa rettale dall’orifizio anale è irriducibile. In molti casi, questa situazione cronica è indolore ed il Paziente convive con questo stato patologico. In altri casi, a seguito di cause scatenanti, il problema può complicarsi con la trombizzazione acuta di uno dei gavoccioli fuoriusciti, che, complice l’ipertono sfinteriale reattivo, non riesce a sgonfiarsi, perché il sangue non può refluire. In tal caso la terapia meccanica dilatativa, di cui farò cenno in seguito, difficilmente ha effetto e la soluzione è chirurgica.

Sintomi

Il segno più frequente è la perdita di sangue rosso vivo, durante o dopo la defecazione, presente nel vater o solo sulla carta igienica. Il dolore sopravviene quando i gavoccioli emorroidari sono trombizzati o ulcerati o ingangreniti, oppure quando è associata una ragade. I sintomi si esacerbano in caso di sforzo defecatorio, ecco perché è mandatorio mantenere le feci morbide. E’ presente malessere, pesantezza locale, bruciore anale.

Il prolasso  può essere interno o esterno, riducibile o no dopo ponzamento. Il prolasso interno, che spesso è effetto e poi causa del così chiamato “ retto da sforzo ”, non è meno importante, in quanto, se non diagnosticato e trattato precocemente, può portare ad intussuscezione retto-rettale, con stipsi  ostruttiva, la cui soluzione, pur dopo opportuna rieducazione del pavimento pelvico, è chirurgica.

Il prolasso può interessare l’intera circonferenza o parte del canale anale. Con il tempo, se il Paziente, che ha deciso di convivere con il problema, non ha la massima cura igienica, sopravvengono infiammazione ed infezione del retto, con proctite traumatica, perdita continua di muco e pus, macerazione della cute perineale, prurito, lesioni da grattamento, sovrainfezioni batteriche e rischio di ascessi e fistole.

Suturatrice meccanica per mucosectomia endorettale

Diagnosi

Il primo passo è la visita specialistica del Gastroenterologo Proctologo , con anamnesi, ricerca dell’etiologia, esame obiettivo generale e dell’orificio anale, sia a riposo che sotto ponzamento ed esplorazione del pavimento perineale  e digitale del retto.

L’ispezione permette di individuare il turgore o la trombosi del plesso emorroidario esterno, di diagnosticare eventuali noduli pieni di coaguli, un ematoma perineale, le emorroidi interne prolassate ed il turgore di quelle esterne. Il prolasso ricorrente si riconosce per la trasformazione metaplasica della mucosa rettale, in cute squamosa con chiazze bianche.

L’esplorazione rettale valuta il tono sfinteriale ed esclude la presenza del cancro dell’ano  (neoplasie basse). Bisogna dire che, a volte, la vivissima dolorabilità, suscitata dalla presenza di un’emorroide trombizzata o di una ragade, non permette una completa esecuzione della manovra. In tali casi, lo Specialista  valuterà la necessità e l’urgenza di una Rettoscopia , o meglio di una Colonscopia  totale in sedazione.

L’anoscopia, eseguita con un cilindro di plastica trasparente, o la video-proctoscopia, eseguita con uno strumento rigido, che riproduce a video l’interno del canale, evidenziano i cuscinetti mucosi anali, il cui turgore e rigonfiamento sono maggiori, se il paziente è affetto da patologia emorroidaria. Questi esami dovrebbero consentire, in buona percentuale di casi, la diagnosi di cancro dell’ano. Ma, l’impossibilità di questi strumenti di eseguire la retroversione in ampolla, lascia inesplorati tratti nascosti del retto inferiore e del canale anale, che vengono meglio visualizzati con il colonscopio flessibile, che si torce su se stesso. Anche per questo, la colonscopia  va sempre eseguita, oltre che per escludere altre patologie a monte, come tumori , polipi , lesioni sanguinanti.

Complicanze

La patologia emorroidaria , come ho detto, è frequentissima nella popolazione, ed è assolutamente benigna, controllata e controllabile. Va sempre valutata dallo Specialista , per una corretta conferma diagnostica, che escluda patologie più gravi, come il cancro dell’ano  o del retto , e gestita con accortezza e competenza, per evitare complicazioni, che possono inficiare, anche gravemente, la qualità della vita, come la trombizzazione del gavocciolo emorroidario, che causa dolore intenso e spasmo sfinterico reattivo. La trombizzazione può essere di vario grado ed è una complicanza frequente. Essa può colpire il plesso emorroidario interno prolassato e quello esterno, a tutta circonferenza, con intrappolamento, per contrazione irriducibile dello sfintere anale. In questo caso il prolasso diventa congesto, necrotico ed infetto. Complicanze associate possono essere quelle infettive, come gli ascessi e le fistole.

Terapia

La terapia della malattia emorroidaria  è per lo più medica, nelle mani di un Gastroenterologo Proctologo. I farmaci vasoattivi e gli unguenti lenitivi ed anti-infiammatori possono essere sufficienti nelle fasi iniziali di malattia. Successivamente, sarà opportuno ricorrere, dopo appropriata valutazione, alla terapia dilatativa, gestibile dal paziente, con dilatatori anali, che si acquistano in farmacia, o, in altri casi, effettuata dallo Specialista. In casi selezionati, potrà intervenire il Chirurgo Proctologo, valutando, in equipe con il Gastroenterologo, il Fisiopatologo ed il Radiologo, la correzione più opportuna da apportare, con la scelta del tipo di intervento, adatto allo specifico caso clinico.

Emorroidi Emorroidi dopo intervento chirurgico
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