FAQ Allergie ed intolleranze alimentari
Professore, ho notato che, soprattutto quando vado con gli amici a mangiare la pizza, mi gonfio da morire e mi viene la colite. Come mai?
Nei Paesi Occidentali e nelle società del benessere, le sensazioni dolorose e fastidiose, riferite all’apparato gastrointestinale, sono frequentissime. La colpa è imputata allo stress e al tipo di alimentazione poco naturale. Spesso però, come nel Suo caso, i Pazienti verificano una corrispondenza tra i sintomi e quello che mangiano.
Infatti, non potrei essere allergica alla pizza?
Allora, bisogna chiarirsi. Intanto la pizza è composta di numerosi nutrienti: questi sono la farina di grano, i lieviti, l’olio, il burro, il latte, la mozzarella, il pomodoro, il sale. Quindi, nel caso, bisogna valutare qual è l’ingrediente colpevole. Inoltre, soprattutto, c’è differenza tra allergia e intolleranza.
Ho lo stesso problema, o molto simile, anche quando prendo il cappuccino con il cornetto o quando mangio la pasta molto condita. Ma qual è la differenza tra allergia e intolleranza?
Sia le allergie che le intolleranze alimentari sono reazioni contro alcuni cibi, o anche verso conservanti o prodotti usati per preparare questi cibi, e si manifestano con disturbi intestinali , e talora anche extra-intestinali, quando si ingeriscono questi alimenti. Le risposte avverse si classificano in due grandi gruppi: le reazioni tossiche e quelle non tossiche. Le reazioni tossiche sono quelle prodotte da sostanze velenose, ad esempio alcuni funghi. Quelle non tossiche sono le allergie e le intolleranze alimentari. Le prime sono dovute a sostanze allergizzanti, che scatenano la reazione del sistema immunitario. Le seconde, le intolleranze, causano disturbi simili a quelli delle allergie, ma non sono dovute al sistema immunologico.
Professore, detto così, non ci capisco molto!
Ha ragione. Forse è più facile con un esempio. Se un Paziente, allergico a certi tipi di pesce (esempio mitili o molluschi), mangia un piatto di vongole verace, diventa tutto rosso e gonfio in viso, presenta una dermatite, con orticaria ed eczema, gli si gonfia la lingua e può avere un senso di soffocamento, con respiro sibilante e problemi respiratori, oltre a dolori addominali, nausea e diarrea , fino ad arrivare allo shock anafilattico, che può condurre a morte. È chiaro che esiste una gradazione di questi sintomi, ma è importante ricordare che, salvo rari casi di allergia ritardata, la reazione si innesca in pochi minuti. Essa è mediata dalle IgE ed è repentina. Le intolleranze, invece, non hanno questa caratteristica di immediatezza, si instaurano più lentamente nel tempo, dopo assunzioni ripetute del nutriente. Un esempio esemplificativo è l’intolleranza al lattosio, che si instaura lentamente nel tempo, in quanto, gradualmente, sopravviene una ridotta produzione, nell’organismo degli intolleranti, dell’enzima lattasi, che serve a digerire il lattosio del latte, ed iniziano a manifestarsi fastidi e disturbi, legati all’assunzione di latte e latticini freschi, contenenti il lattosio. I fastidi possono avere differente intensità e vanno dal semplice mal di pancia , con gonfiore e flatulenza, ai dolori addominali forti, con diarrea , nausea e vomito.
Adesso mi è più chiaro. Ma, allora, cosa devo fare, per star bene?
La metodologia clinica è frutto di un ragionamento razionale, mirato proprio a chiarire gli eventi, in maniera tale da regolarsi di conseguenza, per rimanere in condizione di benessere. La prima cosa è perciò quella di fare accertamenti che portino alla diagnosi. La diagnosi, in Medicina, è l’individuazione di una malattia. Ma io la vedo in senso più lato. Essa è l’individuazione delle cause che concorrono a determinare un fenomeno. In parole povere, a prescindere da considerazioni filosofiche, bisogna fare delle analisi.
Ma il mio Medico curante mi ha già detto che non sono allergica!
Bene, se ha detto questo, vuol dire che Lei ha già fatto i test allergologici, come il Prist, il RAST specifico per sostanze e nutrienti, il Prick Test e la consulenza dello Specialista Allergologo. Se Lei non è allergica né a sostanze inalanti, per intendersi quelle che possono provocare riniti o bronchiti o asma allergico, né a sostanze nutritive e cibo, in quanto ha valutato questo con l’esame del sangue (Prist e Rast) e con i test cutanei, allora non resta che verificare se Lei è intollerante a qualcosa.
Allora dobbiamo vedere cosa è tossico per il mio organismo?
Esatto. Nella classificazione di cui dicevo prima, i tossici sono classificati come veleni, che fanno male a tutti gli esseri umani, mentre solo alcuni Pazienti sono intolleranti a determinati nutrienti. Però, il concetto di tossicità è insito in quello di intolleranza. Infatti, come accade per i veleni, i sintomi ed i danni che i nutrienti determinano, nei Pazienti intolleranti, sono in relazione alla quantità assunta.
Comincio a comprendere: le allergie sono rapide, spesso violente e gravi, i veleni fanno male a tutti e sono mortali a certe dosi, le intolleranze si instaurano lentamente, dipendono dalle dosi assunte, dànno sintomi in proporzione alla quantità, ma non sono mortali. È così?
Bravissima, ottima sintesi. Devo dire, però, che i problemi sono un po’ più complessi ed esistono situazioni a cavallo, oltre che casi atipici. Per esempio, esistono alcune allergie ritardate, che non hanno la caratteristica di instaurarsi repentinamente. Le allergie ritardate (non mediate da IgE) avvengono dopo un certo tempo dall’assunzione dell’allergene. Queste forme, spesso, fanno seguito ad una malattia infettiva acuta e sono dovute ad un deficit immunitario transitorio. Esistono poi le reazioni pseudo-allergiche che, come dice il nome, non sono legate al meccanismo immunologico, ma sono determinate da alimenti, ricchi di istamina o di sostanze istamino-liberatrici. Questi nutrienti, per dare la reazione “pseudo-allergica”, devono esser assunti in grandi quantità. In questo senso, queste reazioni sono simili alle intolleranze alimentari.
Altre forme di allergie derivano da meccanismi di difesa dell’organismo, non mediati dalle Ig-E e coinvolgono altre cellule immunitarie, i Linfociti T. Tale meccanismo è comune ad alcune forme di intolleranza. Le intolleranze, per lo più, sono mediate da un’attivazione dei linfociti B, con produzione di anticorpi IgG e IgA, provocata da frazioni proteiche del cibo, ma possono essere coinvolti anche i linfociti T e le interleuchine.
Professore, adesso mi ha confuso nuovamente! Una mia amica ha l’intolleranza al glutine. Questa è allergia, intolleranza o cosa?
Ha ragione, mi scusi. Torniamo alla Sua sintesi di prima. Quella va bene, eccezioni a parte. Tra queste eccezioni c’è proprio la celiachia , o intolleranza al glutine. Essa è così chiamata, erroneamente, mentre in realta è una patologia ancora particolare e diversa, che si chiama auto-immune. In questo caso, il glutine innesca un meccanismo di auto-immunità, che significa che induce l’organismo del Paziente ad attaccare se stesso. Tale patogenesi è del tutto diversa dall’intolleranza. La Gluten Sensitivity, invece, rientra nelle intolleranze alimentari.
Allora, se io mangio il glutine, contenuto nella pizza e nella pasta, sto male perché sono celiaca o perché ho la sensibilità al glutine?
Ottima domanda. Qui sta la chiave della diversità tra le due patologie. Se Lei sta male quando mangia il glutine, ma non presenta anticorpi nel sangue, diretti contro il glutine e contro i Suoi villi intestinali, e Le basta evitare il glutine per stare in buona salute, allora ha la sensibilità al glutine. Se, invece, sono presenti gli anticorpi anti-trnsglutaminasi e, soprattutto, segno indiscutibile, i Suoi villi intestinali si presentano tozzi e deformati all’esame istologico, vuol dire che Lei ha la celiachia. La celiachia è una malattia un po’ più grave, che va controllata nel tempo, e che, se trascurata, può portare anche al tumore.
Quindi, per essere certi, bisogna fare la gastroscopia con la biopsia del duodeno?
Esatto, è così. Alcuni anticorpi, presenti all’esame del sangue, possono dare false indicazioni, perché sono presenti anche nella Gluten Sensitivity, come per esempio gli anticorpi IgA anti-gliadina. Bisogna aggiungere, tanto per complicare un po’ le cose, che non esiste, mai nella vita, e tanto meno in Medicina, un assolutismo del tipo è tutto bianco o tutto nero. Quindi, il morbo celiaco, come ogni patologia, può presentare differenti gradualità, che sono soprattutto cliniche, ma anche isto-patologiche, secondo la scala di Marsh Oberhuber.
Invece, per sapere se la mia è intolleranza, ma non allergia né celiachia, quali esami devo eseguire?
Per escludere un’allergia, occorre eseguire, oltre la valutazione clinica, che, non dimentichiamocelo, è imprescindibile, quegli esami ematici di Prist e Rast che dicevo, ed i test cutanei chiamati Prick test. Questi sono fondamentali per la diagnosi di allergie respiratorie, alimentari e verso altri allergeni. Il prick test è un test allergologico cutaneo, utilizzato per determinare se una sostanza provoca infiammazione allergica, con meccanismo immediato, cioè quello mediato da IgE. Per la diagnosi di celiachia, come ho appena detto, il metodo ideale, detto gold standard, è la biopsia del duodeno , anche se la presenza di anticorpi anti-trans-glutaminasi ha un’attendibilità elevata. Potremmo fermarci qui, perché, in Medicina, esistono le così dette diagnosi di esclusione, per cui, se la patologia non è allergia e non è celiachia , per esclusione appunto, sarà intolleranza.
Tutto qui? E non saprò a quali cibi sono intollerante?
Brava, qui entriamo in un campo “minato”. Come dicevo, le intolleranze sono molto più frequenti, fortunatamente, sia delle allergie che della malattia celiaca. Considerando il vasto bacino di utenza, molti Laboratori hanno messo in commercio metodiche per la valutazione dell’intolleranza alimentare. Molte di queste hanno scarsissima validità scientifica, nè sono comprovate da studi clinici.
Tra questi test, cito il Dria test, che si basa sulla discutibile asserzione che l'alimento, a cui si è intolleranti, provochi una diminuzione della forza di contrazione muscolare. Misurando la forza muscolare del quadricipite femorale, prima e dopo la somministrazione di gocce dell'alimento sospetto, darebbe la diagnosi di intolleranza nei confronti di quell'alimento.
Cito anche il Vega test, il cui presupposto è che la resistenza elettrica della pelle subisca variazioni, quando la cute è in contatto con cibi allergizzanti. Misurando la resistenza elettrica della pelle, dopo il contatto con l’alimento, se c’è variazione di questa, l'alimento è ritenuto dannoso per la persona.
Il Test citotossico si basa sul principio che gli elementi corpuscolati del sangue del soggetto intollerante, quando posti a contatto con il nutriente indagato, subiscono una modificazione della forma, fino ad arrivare alla rottura. La valutazione avviene al microscopio, senza una scala oggettiva di valori.
Ma allora non c’è un test che mi dica quali alimenti devo evitare!
Per questo ci sono due possibilità: o la valutazione empirica, cioè la così detta dieta di esclusione. Si parte cioè da una dieta basale minimale, per esempio di pesce magro lesso e patate, durante la quale non si hanno disturbi. Si introducono successivamente, man mano, i nutrienti che si utilizzavano prima della dieta, e si verifica quale di questi induce i fastidi lamentati nel passato. Questo test clinico è un ritorno all’empirismo, che, nella clinica, è il faro guida per il Medico pratico.
L’altra possibilità, l’unica che io consiglio ai miei Pazienti, è quella dello York foodscan, un test che determina, nel sangue la presenza di particolari anticorpi, le immunoglobuline G (IgG), prodotte nei confronti di più di 100 alimenti. Secondo questo test, la presenza di IgG, avverso un certo nutriente, è indicativa di intolleranza alimentare a quel nutriente.
Non ci sono altre possibilità terapeutiche, oltre l’esclusione dalla dieta degli alimenti, più o meno scientificamente, incriminati?
Devo dire che la ricerca, nel campo delle patologie funzionali gastroenterologiche, considerando l’affinamento delle tecniche diagnostiche, biochimiche, neuro-fisiopatologiche e di imaging, consente oggi di valutare gli aspetti immunologici e neuro-fisiologici del problema, disegnando i rapporti esistenti tra sistema nervoso enterico e sistema nervoso centrale. Vengono studiate le vie nervose del dolore, i mediatori dell’infiammazione, i neurotrasmettitori ed i neuro-ormoni.
La classificazione di questi disturbi funzionali, secondo i "criteri di Roma", evidenzia un overlap tra fattori fisio-patologici e psico-sociali.
Ma cosa c’entra tutto ciò con i malesseri che provo quando mangio la pizza e bevo la birra?
Tutto ciò c’entra, perché la ricerca scientifica deve avere ed ha un’implicazione pratica, che, in questo caso, consiste nel trovare la terapia adatta. Una volta trovata l’etiopatogenesi del disturbo, si cerca il farmaco, che possa bloccare la genesi dello stesso.
La prima terapia (primum non nocere) consiste nell’eliminare i cibi ed i nutrienti, verificati come causa dei sintomi. La verifica migliore è quella che si ottiene con il metodo empirico dell’esclusione. La desensibilizzazione orale consiste nel reintrodurre a piccole dosi il nutriente responsabile, ma è di dubbia efficacia.
Se vogliamo invece parlare di farmaci, dobbiamo segnalarne di vecchi e di nuovi. Gli antispastici ed i regolatori della motilità enterica hanno accolto nuove molecole, che agiscono in modo più efficace e con minori effetti collaterali. L’utilizzo off label di farmaci neurologici, per la presunzione di un’azione diretta sul sistema nervoso enterico, portano spesso a drastici miglioramenti del quadro clinico, validando ulteriormente, se non altro, il concetto dell’empirismo nella pratica clinica.



