Questa entità nosologica complessa rientra tre le malattie benigne dell’ ano  e del retto  e tra i disturbi dell’evacuazione e del pavimento pelvico . È difficile inquadrarla e definirla.

La miglior definizione di sindrome del “retto da sforzo”  è quella che la considera come quell’insieme di disturbi che si presentano come un ostacolo alla espulsione delle feci, con o senza alterazioni morfologiche della regione ano-rettale.

Questi disturbi possono essere dovuti a:
condizioni anatomiche, come la malattia degenerativa del perineo  nell’anziano, con ernia del Douglas  attraverso il pavimento pelvico: questo è il così detto retto da debolezza; oppure da anomalia anatomica per eccesso di lunghezza e mobilità del retto;
perdita di elasticità delle pareti rettali;
costipazione con ritenzione in eccesso di feci dure e voluminose;
abitudini defecatorie errate, con eccesso di intensità e di durata pressoria durante il ponzamento.

Nei pazienti con stipsi espulsiva, lo sforzo pressorio si esercita su punti di minor resistenza, che producono anomalie anatomiche del retto. Si possono avere le seguenti malformazioni indotte:

  1. il rettocele anteriore, soprattutto nella donna, cioè una erniazione del retto verso la vagina;
  2. il rettocele posteriore nell’uomo;
  3. il prolasso mucoso rettale completo, cioè una fuoriuscita della mucosa rettale al di fuori dell’orifizio anale;
  4. l’intussuscezione rettale o retto-anale, cioè lo scivolamento del retto dentro il retto o dentro l’ano, come un cilindro dentro l’altro;
  5. il prolasso rettale completo esterno, che è la fuoriuscita completa delle pareti rettali dall’ano;
  6. il megaretto idiopatico, l’allargamento del retto che porta alla riduzione della percezione dello stimolo defecatorio;
  7. la sindrome del perineo discendente, cioè l’abbassamento del perineo, quel pavimento muscolare e fibroso, che sostiene gli organi pelvici: retto, vagina, vescica; questo avviene per riduzione della capacità contrattile dei muscoli del pavimento pelvico, esauriti dal continuo sforzo defecatorio o per patologia degenerativa nell’anziano.

 

Sindromi e sintomi

Nel rettocele anteriore nella donna , dovuto ad eccessivi ponzamenti, a parti, all’episioraffia ostetrica, la paziente avverte la sensazione di non aver vuotato completamente l’alvo, con l’atto di defecazione che si svolge in 2-3 tempi in poche ore, con l’aiuto frequente della digitazione. Questo perché le feci in parte vanno nella tasca erniaria anteriore del retto verso la vagina, la quale, successivamente, si svuota all’indietro verso il retto. La diagnosi sarà posta dal Gastroenterologo Proctologo , che può repertare la sacca rettocelica con l’esplorazione digitale. La defecografia è l’esame radiologico che studia e registra dinamicamente l’atto espulsivo fecale, dopo introduzione di bario radiopaco nel retto. Come avviene in tutte queste sindromi di retto da sforzo, è importante ricordare che l’anomalia anatomica, che si evidenzia radiograficamente, è dovuta ad una fisiopatologia dell’atto espulsivo, che va corretta, prima di procedere all’eventuale intervento chirurgico. È la manometria ano-rettale l’esame che documenta tale errata abitudine, che può e deve essere corretta con appropriata fisioterapia, prima dell’approccio chirurgico. Nell’uomo, il rettocele anteriore ha dimensioni più piccole, per via della barriera prostatica. I sintomi descritti si associano a disturbi urologici, come la ritenzione urinaria e lo sviluppo di cistiti ricorrenti, l’incontinenza urinaria. Nell’uomo può aversi perdita di liquido prostatico durante la defecazione o il ponzamento. Il rettocele posteriore, cioè il cedimento della parete posteriore del retto, che forma una tasca erniaria, è di maggior riscontro nel sesso maschile.

Il prolasso mucoso rettale, dovuto anch’esso a sforzi eccessivi e prolungati, ha come fattori favorenti l’uso prolungato delle supposte di glicerina. I sintomi sono simili a quelli descritti per il rettocele e la terapia sarà medica o chirurgica, a seconda dello stadio di malattia e della valutazione clinica del paziente.

L’intussuscezione rettale è l’invaginazione di un tratto prossimale di retto in un tratto distale, come di un cilindro dentro l’altro, sino all’orifizio anale.

Il prolasso completo rettale esterno si ha quando tutte le tuniche dell’ampolla rettale fuoriescono dall’ano. Saranno presenti incontinenza fecale, per la lassità dello sfintere esterno. Complicanze possono essere le infezioni necrotico-suppurative, con formazione di ascessi, e le emorragie, manifeste od occulte, favorite dai micro-traumi.

Il megaretto idiopatico  si ha quando viene inibito lo stimolo defecatorio, conseguendone riduzione della sensibilità del retto, le cui pareti si dilatano e si assottigliano, le feci vengono deidratate e si forma il fecaloma, che va svuotato manualmente. Il ristagno fecale a monte e il successivo passaggio di feci putride determina una falsa diarrea stercoracea. La terapia è la riabilitazione del retto  e del pavimento pelvico .

La sindrome del perineo discendente  avviene per riduzione della capacità contrattile dei muscoli che formano il pavimento pelvico , con successivo abbassamento del perineo. Il pavimento pelvico, formato da fasci muscolari e tendinei, raccoglie e sostiene gli organi pelvici e concorre alla continenza fecale, urinaria ed alla funzione sessuale. Tra i muscoli che lo formano abbiamo gli elevatori dell’ano (puborettale, pubococcigeo, ileococcigeo) ed il muscolo ischiococcigeo. Questo diaframma muscolare collega l’osso pubico, il coccige e le tuberosità ischiatiche. La sindrome del perineo discendente  colpisce spesso le donne dopo il parto, gli uomini di fatica ed i culturisti. I sintomi sono l’incontinenza nel 50% dei casi, il senso di peso perineale con nevralgia del nervo pudendo e i dolori pelvici ricorrenti. Il trattamento è la fisioriabilitazione, il biofeedback o la neuromodulazione sacrale.

Altre sindromi della così detta defecazione ostruita:
1. Sindrome del muscolo pubo-rettale. Il puborettale è un muscolo che si rilascia durante la defecazione insieme allo sfintere striato esterno. Per uno stato di spasmo continuo o per il suo mancato rilasciamento, si ha difficoltà nella espulsione delle feci.
2. Ipertonia dello sfintere esterno. Il tono dello sfintere viene valutato con l’esplorazione digitale del retto e documentato con la manometria che è la misurazione della pressione del canale anale e del retto. La ragade anale determina spesso il problema e ne è anche conseguenza. Il trattamento della ragade è la dilatazione sfinterica con dilatatori anali criotermici o la dilatazione chirurgica con sfinterotomia. Il trattamento dell’ipertono sfinteriale è la rieducazione fisioterapica pelvica.

 

Metodiche diagnostiche

Oltre la visita specialistica Gastroenterologica Proctologica , cui seguirà la richiesta di esami clinici di laboratorio, che lo Specialista riterrà opportuni, è opportuno nella maggioranza dei casi prevedere la colonscopia , quell’indagine endoscopica che permette la visualizzazione diretta dell’interno del viscere, per escludere lesioni anatomiche, infiammatorie o neoplastiche. Altre indagini di imaging importanti per lo specifico problema sono la defecografia, la colpo-cisto-defecografia e la Risonanza Magnetica della pelvi o la defeco-RM. Il Gastroenterologo Proctologo valuta la necessità di questi esami e dell’uno piuttosto che l’altro. È spesso necessaria la valutazione fisiopatologica delle funzioni motorie e sfinteriche, che si ottiene con la manometria anorettale, cui si associa quasi sempre il test dell’espulsione del palloncino, che valuta la compliance rettale e la sensibilità del retto. Da poco tempo è disponibile la manometria anorettale ad alta risoluzione in cui la visualizzazione tridimensionale del canale anale permette di valutare la risposta pressoria di ogni tratto del canale anale a 360 gradi. La valutazione tridimensionale del canale anale è utile al Fisiopatologo per le sedute di riabilitazione del Pavimento Pelvico e conoscere con esattezza la posizione ed il valore pressorio di ogni zona è importante per l’approccio chirurgico.

 

Terapie

Considerando la complessità di questa entità nosologica, è ovvia la conseguenza che le terapie sono le più differenti, in considerazione della diagnosi clinica e dei disturbi che il paziente lamenta.

Partendo dalle cose più semplici, uno dei primi disturbi da correggere è la stipsi  o stitichezza, distinguendo in primis tra stipsi da rallentato transito e stipsi espulsiva. Essa determina una gran maggioranza dei disturbi, classificabili come retto da sforzo, a cominciare dalla malattia emorroidaria  e dalle ragadi anali .

Queste due patologie prevedono terapie mediche e chirurgiche a seconda dei casi. La correzione chirurgica delle anomalie anatomiche, causate dalla sindrome del retto da sforzo, deve essere preceduta dalla riabilitazione e fisioterapia del pavimento pelvico, tra cui la chinesiterapia che consiste nell’esecuzione di esercizi di contrazione e rilassamento dei muscoli del pavimento, come per esempio avviene negli esercizi di Kegel, per ottenere la presa di coscienza e il rafforzamento di tutto il sistema di sostegno degli organi pelvici.

L’elettrostimolazione è indicata nei casi in cui i muscoli perineali e sfinteriali non riescono ad essere contratti volontariamente ed in modo adeguato. Una tecnica passiva, con l’utilizzo di appositi elettrodi ed impulsi elettrici indolori, che stimolano i muscoli del pavimento pelvico, può essere opportuna in casi selezionati.

Il Biofeedback consiste nell’impiego di strumenti capaci di registrare la contrazione o il rilasciamento dei muscoli pelvici e sfinteriali, che potrebbero non essere percepiti dal paziente. Il segnale viene trasformato in segnale visivo, consentendo al paziente di verificare le contrazioni o il rilassamento e di imparare a compierli in modo corretto.

Il lavoro muscolare continua a domicilio ed è importante sia durante la terapia che dopo, per mantenere nel tempo i risultati raggiunti. Il rinforzo sfinterico-muscolare perineale che si ottiene giova a tutto l’apparato uro-ginecologico ed anale, perché l’aumento del trofismo dei muscoli e degli sfinteri, permette un buon sostegno dei visceri pelvici ed una corretta funzionalità viscerale.

L’approccio chirurgico al pavimento pelvico viene distinto in chirurgia del comparto anteriore (quello vescicale), del comparto medio (vaginale) e del comparto posteriore, quello retto-anale. Gli interventi che riguardano il comparto medio, oltre all’isterectomia, da riservare a quei casi in cui non è possibile sollevare l’utero prolassato, sono l’isteropessi e la colpopessi. Sono due interventi che risollevano l’utero (isteropessi) o, nelle donne isterectomizzate, la cupola vaginale (colpopessi). Il sollevamento può essere eseguito mediante la plicatura degli elementi di sostegno naturali dell’utero, i legamenti utero-sacrali o mediante il posizionamento di protesi fissate su punti di sostegno rigidi, come la fascia presacrale. Questi interventi, oltre che risollevare l’utero o la cupola vaginale, migliorano il sostegno di tutto il pavimento pelvico e lo fanno risalire.
Una variante più moderna di questo intervento è la POPS ossia la sospensione degli organi pelvici prolassati mediante la tunnellizazione sottoperitoneale di una benda protesica che viene ancorata alla vagina e fissata ai muscoli laterali dell’addome. Questo intervento si esegue per via laparoscopica e consente di risolvere contemporaneamente gli scivolamenti verso il basso di tutti gli organi pelvici con questo unico intervento sul comparto medio.
Tra gli interventi che riguardano il comparto posteriore, i più frequenti sono la Colpo-perineo-plastica (Colporraffia) Posteriore e la STARR.

La prima viene eseguita per correggere il rettocele e si esegue praticando un incisione a T sulla parete vaginale posteriore e rinforzando il setto retto vaginale, riaccostando tramite punti di sutura le fibre muscolari dell’elevatore dell’ano o inserendo una protesi in materiale biologico.

La STARR (Stapled Trans Anal Rectal Resection) è una resezione del retto a tutto spessore, eseguita per via transanale, con cucitrice meccanica. L’intervento si esegue con una suturatrice denominata Contour Transtar, che ha una forma a mezza luna, e consente di asportare fino ad oltre 15 centimetri di retto. Si elimina il tessuto rettale prolassato e si corregge sia il rettocele che il prolasso rettale. L’intervento viene eseguito con il paziente disposto in posizione ginecologica ed in anestesia generale o spinale, cui si associa un’anestesia locale. Ha di solito una durata di circa 45 minuti e prevede una degenza che può variare da 24 a 72 ore.

Il prolasso della mucosa rettale  è la causa principale dello sviluppo della malattia emorroidaria. Infatti “ le emorroidi non prolassano attraverso l’ano, se non prolassa contemporaneamente la mucosa rettale”. Perciò l’asportazione della mucosa rettale prolassata consente al tessuto emorroidario di ritornare nella sua sede anatomica. Questa tecnica prevede l’asportazione di un anello di tessuto mucoso tramite una suturatrice meccanica con il ripristino della corretta anatomia del canale anale. L’intervento viene praticato all’interno dell’ampolla rettale in una zona poco sensibile, ottenendosi in tal modo riduzione del dolore post-operatorio. Questa metodica può essere eseguita perciò in regime di day-surgery con una sola giornata di ricovero.

Le complicanze (sanguinamento, infezione della ferita, trombosi) sono rare, mentre il problema dell’incontinenza e della stenosi post-chirurgica è minimale, considerando che non si agisce sugli sfinteri. Le recidive di malattia dopo mucoprolassectomia dipendono da un’incompleta escissione piuttosto che da una recidiva vera e propria, trattandosi di prolasso residuo, piuttosto che di vera recidiva.

Retto da sforzo
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