Malattia da reflusso gastro-esofageo (MRGE)

Epidemiologia

L’incidenza della Malattia da Reflusso Gastro-Esofageo  nella popolazione dei paesi industrializzati va dal 20 al 40%, in gruppi di età compresa tra 45-64 anni, con aumento dell’incidenza nell’età tra 64-74 anni. Il 50% dei bambini, di età tra 0 e 3 mesi di vita, lamenta almeno un episodio di rigurgito giornaliero. Tale disturbo si riduce al 5% all’età di 10-12 mesi di vita, perchè lo sviluppo della coordinazione neuromuscolare e posturale permette un maggior controllo della cinesi enterica. Solo il 10% dei bambini di età inferiore ai 12 mesi, affetti da reflusso, vanno incontro a complicanze e tale incidenza è simile all’adulto.
Per quanto riguarda l’evoluzione della malattia, nei bambini di età inferiore a 10 mesi la malattia va incontro a risoluzione spontanea nel 55% dei casi e nell’81% dei casi nei bambini di età inferiore a 18 mesi. Nei bambini più grandi e nell’adulto la guarigione in percentuale diminuisce significativamente e la storia naturale della malattia prevede continue recrudescenze alternate a fasi di quiescenza.

Come si definisce il reflusso gastroesofageo?

Il reflusso gastro-esofageo  può essere definito come il “passaggio involontario ed incosciente di una parte del contenuto gastrico nell’ esofago , senza compartecipazione della muscolatura gastrica ed addominale”.
La Malattia da reflusso gastroesofageo non erosiva è caratterizzata dalla presenza dei sintomi tipici del reflusso, in assenza di danno mucoso esofageo visibile all’endoscopia. Tale condizione rappresenta il 60-70% dei casi di malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE).

La malattia da reflusso gastroesofageo, spesso abbreviata come MRGE (in inglese GERD, Gastro-Esophageal Reflux Disease), è causata dal reflusso nell’esofago del contenuto gastrico. Il reflusso gastroesofageo di per sè è un fenomeno fisiologico, laddove occorra occasionalmente e senza percezione di uno stato di sofferenza.

Per essere considerata “malattia”, non è necessario che la sintomatologia indotta dal reflusso determini lesioni organicamente dimostrabili con la gastroscopia , per lo più infiammatorie (come nell’ esofagite ), o ulcerative , o trasformazioni metaplastiche della mucosa (come nell’ esofago di Barrett ). La sola presenza della sintomatologia, allorchè duratura ed invalidante, permette l’inquadramento diagnostico di malattia da reflusso, anche in assenza di danni organici: si usa il termine di NERD (Non Esophagitis Reflux Disease) proprio per distinguerla dalla GERD.

La Malattia da reflusso gastroesofageo non erosiva – NERD (Non Erosive Reflux Disease), è caratterizzata dalla presenza dei sintomi tipici del reflusso (pirosi retrosternale, rigurgito) in assenza di danno mucoso esofageo (erosioni, ulcere) visibile all’endoscopia. Tale condizione rappresenta il 60-70% dei casi di malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE).

La malattia da reflusso gastroesofageo  (MRGE), o meglio la NERD, è una malattia funzionale, cioè non supportata da un difetto documentabile alle indagini diagnostiche. Ovvero è presente un’anomalia documentata, che da sola non giustifica la sindrome. Per esempio l’ ernia gastrica iatale  da scivolamento, dimostrata alla gastroscopia , non giustifica i sintomi del reflusso, se non è associata infiammazione dell’esofago. Oppure è presente l’infezione da Helicobacter che da sola non può correlarsi con certezza alla sintomatologia da reflusso.

La presentazione clinica della NERD è spesso più invalidante della GERD con esofagite erosiva. Spesso i pazienti con NERD, soprattutto quelli che rientrano nel sottogruppo definito come “pirosi funzionale”, rispondono meno alla terapia con inibitori di pompa protonica (IPP) rispetto ai pazienti con esofagite erosiva.

Se un’attenta anamnesi identifica i sintomi tipici della malattia da reflusso, può essere opportuno un primo approccio con un ciclo di terapia con Inibitori di Pompa Protonica (IPP), se non sono presenti sintomi di allarme. La risposta terapeutica a questo trattamento iniziale conferma la diagnosi e risolve la sintomatologia. Ma spesso è solo un rinvio di più opportuni ed approfonditi accertamenti. In particolare la gastroscopia  come indagine di primo livello e la pH-impedenziometria esofagea/24 ore (MII- pH/24), che permette di sottoclassificare i pazienti con sospetto NERD in tre categorie.

Categoria 1: Pazienti con tracciato pH-impedenzometrico patologico, con un reflusso patologico, acido, non acido o misto, senza lesioni visibili endoscopicamente. Sono i pazienti affetti da NERD e sono risultati più frequentemente maschi, con BMI elevato e con presenza di ernia iatale.

Categoria 2: Pazienti con esofago ipersensibile, ovvero senza un reflusso patologico, ma con un’ associazione positiva tra sintomi e reflusso (acido, non acido o misto). Questi pazienti presentano uno scarso controllo sintomatologico con la terapia con antisecretivi e quelli con un reflusso di natura non acida o mista, vanno considerati come possibili candidati ad un trattamento chirurgico della loro patologia.

Categoria 3: Pazienti affetti da pirosi funzionale, coloro che hanno sintomi da reflusso pur non avendo un reflusso patologico, né un’associazione positiva sintomi-reflussi, senza lesioni endoscopicamente evidenti e con una scarsa risposta terapeutica agli antisecretivi. Questi pazienti presentano sintomi dispeptici e colon irritabile  più frequenti rispetto agli altri due sottogruppi, come pure è segnalata una maggiore presenza di disturbi psicologici, come ansia e/o depressione. Il sesso femminile è maggiormente rappresentato in tale categoria (così come epidemiologicamente dimostrato per la dispepsia funzionale e per i disturbi funzionali in genere).

La NERD è una definizione omni-comprensiva, che copre gruppi eterogeni di pazienti. Grazie alla pH-impedenziometria 24h, è possibile individuare i sottogruppi descritti ed in particolare i pazienti con “pirosi funzionale”, che vengono considerati parte della grande famiglia dei pazienti con disturbi gastrointestinali funzionali. Questa sotto-classificazione è importante in quanto eviterebbe, ai pazienti funzionali in senso stretto, le continue terapie acido-soppressive, che per loro si rivelano inutili, oltre che prevenire l’esecuzione di procedure chirurgiche altrettanto inutili e potenzialmente pericolose.

L'ernia gastrica iatale è un fattore predisponente

Etiopatogenesi

Il reflusso gastroesaofageo è la risalita del contenuto gastrico nell’ esofago , il tratto lungo 25-30 cm., che collega la bocca allo stomaco.
Nell’individuo sano, la forza di gravità e soprattutto i movimenti peristaltici dell’esofago, fanno progredire il cibo deglutito verso lo stomaco. Il passaggio del bolo alimentare in cavità gastrica è regolato dallo sfintere esofageo inferiore, che si apre per consentire il transito del cibo, per poi richiudersi, impedendo la risalita verso l’esofago di tutto quanto è presente nello stomaco.

Quando questo sfintere si rilascia in momenti non opportuni e consente il passaggio verso l’alto del contenuto gastrico, si hanno i sintomi del reflusso, legati all’acido che va ad irritare la mucosa esofagea. Ma anche la risalita del bolo alimentare, della bile e del gas possono creare la sintomatologia che il paziente lamenta.

In condizioni normali il contenuto gastrico refluisce nell’esofago in modesta quantità ed in maniera episodica. Solo quando tale reflusso diventa importante per frequenza o per severità dei sintomi, si instaura la cosiddetta malattia da reflusso gastroesofageo  (MRGE).

Cause della malattia da reflusso gastro-esofageo

La malattia da reflusso gastroesofageo  è causata dal reflusso nell’esofago del contenuto dello stomaco  e dei gas prodotti a livello intestinale , con un reflusso duodeno -gastro-esofageo. Il contenuto del duodeno  è spesso presente nei reflussi e nei rigurgiti del paziente.

L’acido cloridrico e la bile, che vengono a contatto con la mucosa dell’esofago, ne provocano l’infiammazione ( esofagite ) con i sintomi caratteristici, come il bruciore retrosternale, che è tra i più tipici. Col tempo l’infiammazione può evolvere in danni al tessuto dell’esofago, sotto forma di erosioni e piccole ulcere.

La diminuzione del tono dello sfintere esofageo inferiore (SEI in italiano/LES in inglese Lower Esophageal Sphinctere), cioè la valvola che separa l’ esofago  dallo stomaco , determina il problema. L’ipotonia sfinteriale è un atteggiamento congenito del paziente, ma può essere favorita ed accentuata da alcuni nutrienti, come i cibi grassi, la caffeina, gli agrumi, gli alcolici e da sostanze come la nicotina, e da alcuni tipi di farmaci. Il prolungato permanere del cibo nello stomaco , per cause organiche, come una stenosi o una pseudo-occlusione, ma molto più frequentemente per disturbi motori, che rallentano il normale svuotamento per pasti troppo abbondanti, facilita il fenomeno del reflusso. Sono predisponenti le condizioni che determinano un aumento della pressione gastrica, come l’obesità e la gravidanza, ma anche un eccessivo sforzo del torchio addominale.

L’associazione tra l’infezione da Helicobacter Pylori  e la MRGE  non è mai stata accertata da studi epidemiologici, né è stato provato un meccanismo patogenetico con il quale il batterio provocherebbe la malattia. Ma l’ipersecretività gastrica, indotta da batterio, potrebbe contribuire alla genesi della sintomatologia da reflusso.

Problemi di motilità dell’esofago possono alterare la capacità di far scendere il cibo dalla gola allo stomaco, simulando una sintomatologia a tipo reflusso gastro-esofageo. Alcune malattie sistemiche, come le connettiviti, possono determinare queste problematiche.
Le alterazioni salivari possono predisporre alla malattia da reflusso. La saliva è leggermente basica ed essendo ricca di bicarbonati tampona piccole quantità di acido risalite lungo l’esofago. Se il pH salivare si abbassa, questa protezione viene meno e l’esofago è più suscettibile all’attacco acido. La peristalsi esofagea, insieme alla saliva, contribuisce a proteggere l’esofago, rimuovendo i reflussi acidi fisiologici.

La gravidanza è causa meccanica di reflusso, perchè, la pressione esercitata dal feto, comprime lo stomaco facilitando la sua erniazione e la risalita di acido nell’esofago. Allo stesso modo negli obesi la massiccia presenza di grasso addominale aumenta la pressione gastrica favorendo il reflusso. Il fumo è un fattore di rischio importante, sia perchè la nicotina aumenta la secrezione acida dello stomaco, sia perchè altera la composizione salivare e la funzionalità dello sfintere gastroesofageo.

Ansia e stress sono certamente fattori predisponenti, così come l’ernia gastrica iatale, che spesso si associa alla malattia da reflusso gastroesofageo.
I fattori, correlati alla apertura ed al rilasciamento dello sfintere esofageo inferiore (LES), implicati nella patogenesi del reflusso gastro-esofageo, sono l’incoordinazione tra peristalsi gastrica ed apertura del piloro, con ritardo dello svuotamento gastrico, aumento della distensione della parete gastrica ed accorciamento dell’esofago addominale. I rilasciamenti transitori del LES sono ritenuti i principali responsabili. Essi durano 5-30 secondi ed hanno lo scopo di espellere aria dall’esofago, in risposta alla distensione gastrica in condizioni di normalità.

Questi meccanismi di rilasciamento muscolare sono mediati da riflessi vagali, che possono condurre a GER in caso di alterato controllo neurogeno. Responsabili della gravità del GER sono le alterazioni della peristalsi esofagea (soprattutto i bambini manifestano tendenza alla dismotilità esofagea e una scarsa coordinazione della deglutizione), le alterazioni della saliva che essendo ricca di bicarbonato possiede un’azione neutralizzante i succhi gastrici, del muco e delle prostaglandine, che sono fattori protettivi. Alcuni farmaci (come la teofillina, i beta-agonisti, i calcio-antagonisti, i narcotici, le benzodiazepine, gli anticolinergici) ed alimenti (cioccolato, grassi, caffeina, liquirizia, bevande gassate, alcool, nicotina) contribuiscono d’altra parte a determinare la GERD.

SINTOMI DELLA MALATTIA DA REFLUSSO GASTRO-ESOFAGEO

Dolori e bruciori del reflusso gastroesofageo

I sintomi associati al reflusso si distinguono in esofagei ed extra-esofagei. La presenza dei sintomi non è sempre associata ad evidenza di danno anatomico, evidenziabile con la gastroscopia. Spesso neanche la pH-Impedenzo-Metria, che valuta con un elettrodo registratore il verificarsi di reflussi acidi, alcalini e gassosi oltre lo sfintere cardiale, mostra un tracciato particolarmente alterato. Si è potuto talora fare un’associazione tra i reperti anomali del tracciato ed i sintomi extra-esofagei segnalati dal paziente.

Sintomi esofagei

Questi si suddividono ulteriormente in tipici ed atipici.
Fra i primi, sono frequenti la pirosi (il senso di bruciore retro-sternale, che può irradiarsi al collo oppure posteriormente, tra le scapole) ed il rigurgito (la risalita del contenuto gastrico fino al cavo orale, spesso di notte ed in posizione supina).
Tra i sintomi atipici, abbiamo la disfagia (cioè la sensazione di difficoltà nella deglutizione, spesso legata ad alterazioni motorie, indotte dal reflusso e dalla flogosi ad esso associata).
Può aversi la così detta disfagia paradossa, cioè per i liquidi e non per i solidi, e ciò può essere dovuto non ad un restringimento del viscere, ma ad incoordinazione motoria della deglutizione: si tratta dei disturbi motori esofagei. L’odinofagia (che è il dolore associato alla deglutizione) ed il dolore toracico simil-anginoso (dolore retrosternale irradiato al mento, alla mandibola, alle braccia e tra scapole), inducono a sospettare un cancro dell’esofago  o un infarto del miocardio. È opportuno sempre effettuare indagini di primo livello, per escludere problemi polmonari o cardiaci: quindi una gastroscopia , un elettrocardiogramma ed una lastra al torace.

Sintomi extra-esofagei

Possono essere oro-faringei, come la glossite, la sensazione di bocca urente, la faringite (con o senza mal di gola), la scialorrea, la tosse secca, la disfonia, la raucedine, la sensazione di nodo in gola (o bolo faringeo), l’alitosi, il prolasso dei tessuti molli (velopendulo), dovuto all’infiammazione ed all’edema, che predispone al russamento ed alle apnee notturne, la patina bianca sulla tonsilla linguale ed il raclage o “grattino in gola” (sensazione di dover raschiare continuamente la gola per la convinzione di presenza di muco, che in realtà si rivela essere scarso e di difficile estrazione), il vellicchio faringeo, che consiste in un fastidioso senso di raucedine con prurito alla gola. E’ un sintomo quest’ultimo per il quale il paziente non riceve adeguata attenzione, in quanto ritenuto un disturbo di scarsa importanza. Ma questi fastidi possono diventare veramente invalidanti, con conseguente danno nella vita di relazione e lavorativa, soprattutto per quelle professioni in cui l’uso della voce è importante (insegnanti, cantanti, negozianti, uomini d’affari, rappresentanti). In alcuni casi questi pazienti vengono affidati alle cure dello psicologo, dello psichiatra o del neurologo, con somministrazione di psicofarmaci, mentre una buona cura contro il reflusso gastro-esofageo , eventualmente corredata da eucinetici del tratto digestivo, è spesso utile nel ricondurre il paziente ad una buona qualità di vita.

Altro sintomo da considerare extra-esofageo, nonostante la contiguità anatomica, è la disfagia orofaringea, che va studiata con la radiologia dinamica e può sottintendere una patologia neurologica.

Abbiamo ancora, ascrivibili a questa categoria di extra-esofagei, i disturbi laringei, come la laringite cronica, la laringite posteriore con edema e rossore, la faringo-laringite con faringodinia, lo scolo retronasale (detto post nasal drip), i polipi, le ulcere ed i granulomi delle corde vocali.

I disturbi bronco-polmonari sono spesso susseguenti a quelli otorino-laringo-iatrici. Questi consistono in tosse stizzosa o cronica, spesso catarrale a componente bronchiale, asma o difficoltà respiratoria con senso di soffocamento notturno, fino ad arrivare alla bronco-polmonite ab ingestis ed alla sinusite cronica. È frequente l’ipersecrezione catarrale, cioè l’aumentata produzione di muco, a tutti i livelli, retro-nasale, epiglottico, faringo-laringeale e bronchiale), fino ad arrivare alle bronchiectasie, con emoftoe, cioè l’emissione di un espettorato rosso chiaro, schiumoso e frammisto a muco, spesso dovuta a sanguinamento retro-nasale e faringeale, da non confondere con l’emissione di sangue legata alla presenza di varici della lingua né con l’emottisi.

Altri sintomi atipici di interesse otorinolaringoiatrico sono legati a due diversi percorsi fisiopatologici:

la stimolazione vagale della parete esofagea, per il reflusso distale, cioè nella parte inferiore dell’esofago. Il materiale refluito in esofago può causare irritazione dei recettori vagali, determinando sintomatologie a carico dei distretti innervati dal nervo vago, e cioè tosse persistente, otalgia, parestesie faringo-laringee, odinofagia.

Lesione diretta da reflusso acido sulle mucose faringo-laringee (reflusso prossimale, cioè della parte superiore dell’esofago, fino al faringe e laringe), determinando quadri istopatologici come iperplasia, metaplasia, displasia e quadri clinici flogistici faringo-laringei, con sintomi quali disfonia, disfagia, odinofagia, senso di corpo estraneo in faringe, scialorrea, faringodinia, laringospasmo, episodi di apnea notturna, otopatia catarrale.
Esiste quindi una significativa correlazione tra le manifestazioni atipiche della GERD e quelle otorinolaringoiatriche correlate al reflusso gastro-nasale ed a quelle correlate al reflusso gastro-laringo-tracheale. Tali fenomeni vengono indagati con la pH- Impedenzo-metria, mediante rilevatori posti sia nella porzione prossimale che in quella distale dell’esofago ed in faringe.

Gli effetti del reflusso a livello del rinofaringe e della laringe sembrano essere implicati in complicanze come asma, stenosi ipoglottiche, episodi sincopali, perché queste strutture sono particolarmente suscettibili al danno da esposizione ai succhi gastrici, non possedendo i meccanismi protettivi dell’esofago. Le complicanze, caratteristiche nell’adulto, sono rare in età infantile, per ovvi motivi di tempo, e, quando si manifestano, comprendono la stenosi esofagea, l’esofago di Barret e l’adenocarcinoma.

Altre possibili complicanze, riscontrate maggiormente in età pediatrica, sono gli episodi di apnea e sincopali, fino alla morte improvvisa del neonato, il croup laringeo, con tosse abbaiante, stridore e raucedine, la laringomalacia, la pseudo-laringomalacia, la sinusite cronica secondaria al reflusso gastro-nasale dimostrato dalla pH-metria, la laringite cronica, la faringite cronica dovuta ad alterazioni delle proprietà fisico-chimiche delle secrezioni mucose nel tentativo di proteggere gli epiteli di rivestimento o per spasmi della muscolatura faringea in risposta al reflusso. Esattamente come accade nell’adulto. Inoltre l’azione cronica degli acidi conduce alla flogosi dei tessuti peritubarici, determinando edema ed iperplasia della mucosa, e ciò è un importante fattore nello sviluppo di un’ipertrofia adenoidea e di un’edema dell’orifizio tubarico, con conseguenti patologie recidivanti dell’orecchio medio.

E’ stato dimostrato, su modelli animali, che dopo alcuni giorni dall’esposizione dell’orecchio medio all’azione della pepsina e dell’acido cloridrico, si ha disfunzione tubarica ed alterazione dei parametri della funzione ventilatoria dell’orecchio medio e della clearance mucociliare. Alcuni autori hanno studiato il ruolo del reflusso gastrico nell’etiopatogenesi dell’ototubarite e dell’otite media catarrale. La tuba di Eustachio rappresenta l’unica via di comunicazione tra la cassa del timpano e l’ambiente esterno. Il benessere dell’orecchio medio dipende dalla buona aerazione e dalla funzionalità della tuba. Periodiche aperture tubariche attive, che avvengono con gli atti deglutitori, con la masticazione, l’eruttazione, lo sbadiglio, lo starnuto e passive (manovre di autoinsufflazione) assicurano alla cassa timpanica un apporto d’aria adeguato a mantenere una pressione eguale sulle due facce della membrana timpanica. In tal modo vengono drenati verso il rinofaringe eventuali versamenti patologici. La tromba di Eustachio, grazie a meccanismi di protezione immunologici, biochimici e meccanici, ostacola la risalita di agenti chimici, fisici e biologici che, raggiungendo l’orecchio medio, potrebbe danneggiarlo.

La disfunzione tubarica si manifesta con la comparsa di otiti medie catarrali recidivanti, le quali rappresentano la più comune patologia cronica dell’orecchio medio, soprattutto in età pediatrica. L’otite media catarrale è una patologia caratterizzata dalla presenza di versamento endo-timpanico inizialmente sterile, che si accompagna a sordità trasmissiva e ad eventuali complicanze quali l’atelectasia della membrana timpanica, la timpanosclerosi, l’evoluzione verso l’otite media cronica ed il colesteatoma. Infatti l’accumulo di versamento sterile sieroso, sieromucoso o francamente mucoso nella cavità dell’orecchio medio ostacola la trasmissione meccanica degli stimoli sonori e provoca una perdita uditiva trasmissiva principalmente sulle frequenze medie solitamente inferiore a 40 dB.

Una delle cause più frequenti di ototubarite e di ipertrofia adenoidea nei bambini, con conseguenti episodi di otite media catarrale, oltre le allergie respiratorie, è il reflusso gastro-esofageo.

Fino alla prima metà degli anni ’80 l’ototubarite e l’otite media catarrale, venivano trattate esclusivamente con terapie farmacologiche, termali e chirurgiche. Negli ultimi anni si è affermata una metodica riabilitativa funzionale, la rieducazione tubarica. Molti studi riguardo le affezioni dell’orecchio medio, dovute a reflusso gastro-esofageo, hanno evidenziato l’efficacia della terapia medica anti-reflusso associata alla terapia riabilitativa dell’auto-insufflazione con metodo Otovent. La terapia tubarica è una tecnica non invasiva finalizzata a ripristinare la normale funzione della muscolatura tubarica e peri-tubarica, dalla quale dipende la periodica apertura della tuba di Eustachio, presupposto per un normale funzionamento dell’orecchio medio. Otovent è un palloncino in lattice per uso medicale che deve essere gonfiato con il naso per normalizzare la ventilazione dell’orecchio medio, venuta meno per cause flogistiche e determinata dal reflusso gastro esofageo. Otovent deve essere gonfiato con una narice, mentre la controlaterale viene occlusa, quindi lasciare sgonfiare il palloncino nel naso e ripetere l’operazione scambiando le narici. Esiste una stretta correlazione tra reflusso gastroesofageo e patologie otorinolaringoiatriche, soprattutto rino-faringo-laringee, alcune delle quali sono ancora oggi oggetto di studio. È importante sottolineare che la terapia anti-reflusso e la rieducazione tubarica con Otovent giocano un ruolo importante, soprattutto nei pazienti affetti da esofagite asintomatica, che lamentano episodi di otite media essudativa e sintomi atipici della GERD.

La durata della terapia e lo schema posologico adottato devono essere correlati alle caratteristiche della malattia emerse dalla valutazione clinica  e strumentale.

La terapia combinata ha ottenuto ottimi risultati clinico-funzionali. Infatti la terapia medica antireflusso agisce sulla flogosi dei tessuti peritubarici riducendo l’edema e l’iperplasia della mucosa del rinofaringe, mentre la terapia riabilitativa tubarica con Otovent ripristina la funzionalità della Tuba di Eustachio ed i parametri della funzione ventilatoria dell’orecchio medio e della clerance mucociliare.

Concludendo le patologie rino-faringee da GERD sono spesso silenti, ma frequenti e meritano un’attenzione multidisciplinare, rivolta soprattutto alla prevenzione di patologie di maggior impegno clinico, come le otiti medie essudative, le otiti atelettasiche e le stenosi tubariche.

Il reflusso è favorito dall'obesità

Diagnosi

La diagnosi  di reflusso gastroesofageo patologico si effettua con la ph-metria esofagea delle 24 ore, che consente di differenziare i reflussi fisiologici da quelli patologici. In alcuni casi, anche reflussi “fisiologici” possono provocare sintomi: si parla in tal caso di esofago irritabile o ipersensibile.

Per una diagnosi documentabile, soprattutto in casi di reflusso atipico, è indicata la Ph-metria con impedenziometria multicanale intraluminale, che permette di valutare se il refluito giunge fino in gola, in che entità ed in quale forma (liquido, gassoso o biliare).
Altro esame di fisiopatologia importante per la diagnosi è la manometria esofagea per definire la tonia del cardias. Oggi è utilizzata la manometria ad alta definizione, che rileva con maggior dettaglio le anomalie e la loro sede.

Altri metodi di indagine comprendono gli esami radiografici di esofagogramma, la scintigrafia esofagea che è un esame di medicina nucleare e prevede la somministrazione di cibo o liquidi contenenti un tracciante radioattivo (solfuro-colloidale marcato con Tc-99m pertecnetato o analogo) e permette lo studio della progressione degli alimenti nel tubo digerente.

Ricordo che gli esami di primo livello sono gli esami endoscopici, la gastroscopia  con esame istologico per ricerca istologica della presenza dell’Helicobacter Pylori a livello gastrico.

Valutazione del danno

Anche per la valutazione del danno  della mucosa è necessaria la gastroscopia , soprattutto nei pazienti con sintomi atipici o con “segni di allarme” come la disfagia o la mancata risposta alla terapia con antisecretori, anche per escludere altre patologie, soprattutto quelle neoplastiche, con valutazione istologica, se necessaria.

Secondo una delle prime classificazioni dell’esofagite, quella di Savary e Miller, la cui prima pubblicazione è del 1977, si distinguono 6 gradi di lesioni endoscopiche:

  • Grado 0: mucosa normale.
  • Grado I: presenza di erosioni di forma ovalare o lineare non confluenti, singole o multiple, su una plica longitudinale.
  • Grado II: erosioni situate su più pliche longitudinali, ma non circonferenziali.
  • Grado III: erosioni confluenti ad estensione circonferenziale.
  • Grado IV e V: presenza di complicanze come stenosi, ulcere o esofago di Barrett.

Nel 1996 fu sviluppato il sistema detto della “classificazione di Los Angeles”, che ha 4 gradi, da A a D, di rilevamento dell’estensione, numero e lunghezza delle lesioni delle mucose; questo sistema, a differenza dei precedenti, non indaga la profondità della lesione, ma si focalizza sulla rottura dell’integrità delle mucose classificandone qualsiasi forma. I gradi indicano:

  • A: lesioni di lunghezza sino a 5 mm
  • B: lesioni di lunghezza superiore ai 5 mm
  • C: lesioni di estensione sino al 75% della circonferenza esofagea
  • D: lesioni di estensione maggiore del 75% della circonferenza esofagea.

In caso sia riscontrata assenza di lesioni, la malattia è denominata NERD (Non Erosive Reflux Disease, Malattia del Reflusso Non Erosiva). La NERD non è considerata patologia a sé e rappresenta la forma più frequentemente riscontrata di MRGE. Essa rientra in parte nelle patologie funzionali gastro-enteriche, corrispondendo alla dispepsia funzionale ed alla sindrome dell’intestino irritabile.

Cosa sono i disturbi gastrointestinali funzionali?

I disturbi funzionali gastrointestinali (FGID) si manifestano con la caratteristica presenza di sintomi cronici o ricorrenti a carico dell’apparato gastrointestinale. I FGID sono estremamente comuni tanto da colpire almeno un terzo della popolazione e rappresentano almeno il 50% dei consulti specialistici gastroenterologici.

Tali disturbi funzionali causano una importante riduzione della qualità della vita determinando un enorme impatto sociale per chi ne è affetto. I sintomi dei FGID possono essere molteplici, tra cui alterazioni della motilità intestinale con diarrea, stipsi o alvo alterno, ipersensibilità viscerale, eccessiva produzione di gas intestinale, modificazioni della flora intestinale etc.

Disturbi funzionali

La teoria più accreditata attribuisce la patogenesi dei FGIDs ad una disfunzione primaria del sistema nervoso centrale, che si manifesta clinicamente come disagio psicologico, ansia, depressione e somatizzazione. Nella maggior parte dei pazienti si assiste ad un miglioramento dei sintomi a seguito di interventi psicologici come la terapia cognitivo comportamentale e con l’utilizzo di farmaci antidepressivi, sia triciclici che inibitori della ricaptazione della serotonina.

L’asse cervello-intestino è un termine che indica la comunicazione neuronale e l’interscambio sensoriale tra il cervello e l’apparato digerente. E’ importante sottolineare che l’intestino è dotato di un proprio Sistema Nervoso Semi-Autonomo, denominato Sistema Nervoso Enterico (SNE); le comunicazioni tra il sistema nervoso centrale (SNC) ed il SNE coinvolgono sia le vie neuronali che meccanismi immunologici ed endocrini.

E’ interessante evidenziare come, a livello dell’apparato digerente, esista un ‘secondo cervello’, che è intimamente collegato al sistema nervoso centrale. Questo legame è la chiave per l’interpretazione della patogenesi dei FGIDs. I neuroni sensitivi viscerali, le cui terminazioni sensoriali affiorano nello spessore del versante luminale della mucosa intestinale, rilevano gli stimoli fisici e chimici e convogliano le informazioni all’encefalo. Il SNC non è un semplice lettore degli input sensoriali. Fattori psicologici e cognitivi modificano l’elaborazione sensoriale. A livello intestinale, i neuroni sensoriali viscerali non operano in modo isolato. Cellule entero-endocrine della mucosa ed elementi cellulari del sistema immunitario mucosale, presenti nella parete intestinale, svolgono ruoli importanti nell’avvio della percezione sensitiva e nella modulazione della trasmissione del segnale dall’intestino al cervello.

Un ruolo importante è svolto dal microbiota intestinale, cioè l’insieme degli elementi cellulari e micro-organismi, presenti nel lume intestinale, che, attraverso l’interazione con il sistema immunitario della mucosa intestinale, è in grado anch’esso di interagire con la percezione sensoriale e la propagazione al cervello dello stimolo. L’insieme di questi meccanismi mostra come il ‘secondo cervello’, presente nel sistema nervoso dell’apparato digerente (SNE), sia intimamente correlato con il SNC e come questo legame possa svolgere un ruolo chiave nella patogenesi della Sindrome dell’intestino irritabile.

Molte evidenze scientifiche dimostrano come vie neuronali di collegamento tra il SNC ed il SNE siano responsabili di alcuni sintomi tipici di disordini funzionali gastrointestinali (come per esempio il dolore addominale, la pienezza post-prandiale, la sazietà precoce, la distensione addominale, etc.) e, allo stesso tempo, altri dati dimostrano che è dall’intestino che partono gli stimoli sensoriali della percezione dei sintomi gastro-intestinali.

Molti dati scientifici supportano il concetto di una primitiva associazione tra lo stress psicologico ed i disordini funzionali gastro-intestinali, suggerendo una potenziale via cervello-intestino. Ma la maggior parte delle ricerche scientifiche in questo campo suggerisce una via ascendente intestino-cervello.

In conclusione, comprendere la regolazione neuronale della funzione e della sensibilità intestinale rende più facile capire l’interrelazione tra emotività, reattività psichica o iper-vigilanza, funzionalità gastrointestinale e dolore. L’intestino e il cervello sono fortemente integrati e si può tranquillamente asserire che l’asse cervello intestino è bidirezionale e che una ‘disfunzione’ sia nella via cervello-intestino che nella opposta intestino-cervello può essere presente nelle sindromi disfunzionali intestinali.

Una migliore comprensione delle interazioni tra il Sistema Nervoso Centrale, il Sistema Nervoso Enterico e l’apparato immunitario intestinale potrà migliorare la nostra comprensione dei disturbi funzionali dell’apparato digerente e produrre un approccio terapeutico su base pato-fisiologica della Sindrome dell’intestino irritabile  e delle altre patologie funzionali intestinali.

COMPLICANZE DELLA MALATTIA DA REFLUSSO GASTRO-ESOFAGEO

Erosione a fiammella che fa sospettare un Barrett

Le complicanze dell’infiammazione dell’esofago possono essere il restringimento del viscere (la stenosi esofagea), il sanguinamento e l’anemizzazione.
Altra complicanza è l’ esofago di Barrett , dovuto all’infiammazione cronica, con trasformazione della mucosa, valutata all’esame istologico, in epitelio mucoso gastrico e poi enterico.
Il paziente con frequenza e persistenza di sintomi di MRGE è ritenuto ad alto rischio di sviluppo dell’adenocarcinoma del tratto distale dell’esofago, in presenza o meno dell’ esofago di Barrett.

Terapia

La terapia dell’esofagite da reflusso e della malattia da reflusso gastro-esofageo sono simili, in quanto riconoscono le stesse cause scatenanti, sia che queste producano un danno documentabile all’indagine endoscopica, sia che non lo producano e rientrino nella classificazione di NERD. Differente la valutazione terapeutica per il sottogruppo della così detta “pirosi funzionale”, assimilabile ai disturbi funzionali gastrointestinali, che si beneficiano spesso di terapie neuro-attive.

In primis occorre prescrivere norme dietetiche: evitare grassi, caffè, tè, cioccolata, menta, alcolici, agrumi, soprattutto a stomaco vuoto. Alcuni nutrienti, come il caffè, il tè e la cioccolata, contengono sostanze come le xantine e le metil-xantine, che facilitano il reflusso perchè rilasciano ulteriormente lo sfintere cardiale. Tali alimenti vanno evitati, così come le sostanze irritanti, gli alcolici, gli agrumi, le spezie, che peggiorano il quadro perchè producono ulteriore acidità. 

Dieta per malattia da reflusso gastro-esofageo

Altre norme igieniche sono importanti, come tenere la testata del letto rialzata, evitare di forzare i muscoli del torchio addominale, coricarsi non prima di due ore dalla cena. La terapia farmacologica è oggi di grande ausilio: antiacidi ed antisecretivi in primis. Talora e nei casi ribelli, lo specialista Gastroenterologo  prescriverà farmaci neurogeni, che agiscono innalzando la soglia del dolore e regolando la motilità intestinale, agendo sul Sistema Nervoso Enterico. Il ricorso alla chirurgia è riservato ai casi che non rispondono alla terapia medica e ad altri casi particolari, che saranno valutati di volta in volta dal Gastroenterologo.
La terapia della MRGE è solitamente basata su alcune norme igienico-dietetiche di base, e sull’assunzione (per periodi più o meno prolungati) di farmaci appartenenti alle classi degli inibitori di pompa protonica/IPP (che inibiscono notevolmente la produzione acida nello stomaco) e degli anti-H2 (in gran parte però soppiantati dai più moderni e potenti IPP); non è comprovata l’efficacia dei procinetici. Gli antiacidi e gli alginati sono usati al bisogno a fini di sollievo sintomatico.

Per quanto riguarda la terapia del reflusso in genere, si prescrive una modificazione della dieta e dello stile di vita: si consiglia al paziente di assumere pasti piccoli e frequenti. Bevande gasate, caffè (anche decaffeinato), alcoolici, cibi grassi, cioccolata, menta sono reflussogeni perché aumentano il rilascio dello sfintere esofageo. I succhi acidi come arancia e pomodoro vanno altresì evitati perché irritano la mucosa esofagea. Gli agrumi ed i pomodori contengono acidi organici come citrico (limone e ribes nero soprattutto), malico (prugna, ribes, mela), tartarico, acetico che nel sangue aumentano la riserva alcalina, perché vengono ossidati, producendo CO2, in parte espulsa come gas dai polmoni, ed acido carbonico e fluidificano il sangue stesso. L’acido ascorbico degli agrumi a sua volta viene trasformato in una base. Ma il loro contatto con la mucosa intestinale stimola la produzione di acidi.

Il paziente dovrebbe evitare di coricarsi nelle prime 2-3 ore dopo i pasti e dovrebbe dormire con la testa più sollevata rispetto ai piedi. Si raccomanda non di dormire con un cuscino più alto, ma piuttosto di sollevare il materasso con un rialzo in corrispondenza della testiera del letto. È raccomandata la cessazione del fumo: anche il fumo, infatti, favorisce il reflusso di acido nell’esofago.

Il secondo passo è la terapia farmacologica, a base di farmaci che inibiscono la secrezione acida o che favoriscono lo svuotamento gastrico. Solo nei pochi casi di mancata risposta alla terapia farmacologica, si interviene chirurgicamente. Il diffondersi della chirurgia laparoscopica ha parzialmente cambiato l’atteggiamento e le indicazioni della chirurgia del reflusso. Questa, in precedenza, era indicata solo nei casi con coesistente ernia iatale di cospicue dimensioni. Attualmente, alcune linee guida propongono il trattamento chirurgico laparoscopico anche per i pazienti che rispondono discretamente alla terapia medica, ma che abbiano severe recidive dopo la sospensione della stessa, o che siano giovani e non vogliano sottoporsi ad una terapia medica continuativa; possibile indicazione al trattamento chirurgico sono anche l’ esofago di Barrett  ed il reflusso alcalino.
Analogamente, i pazienti con sintomatologia extradigestiva come tosse, asma cronico ed episodi broncopneumonici ricorrenti, sono candidati per i quali viene valutata l’opzione del trattamento chirurgico. Quest’ultimo, in centri ad alta specializzazione, viene eseguito con ridotti effetti collaterali. La complicanza principale della chirurgia laparoscopica del reflusso è la possibile disfagia postoperatoria, che attualmente, con una corretta applicazione di alcuni espedienti tecnici, come l’applicazione intra-operatoria del gastroscopio in esofago, è ridotta e solitamente transitoria.

La scelta della terapia chirurgica deve comunque essere attentamente valutata, e preceduta da una completa valutazione anatomopatologica e fisiopatologica di stomaco e esofago eseguendo la gastroscopia , la ph-metria esofagea, oppure, nel caso della malattia da reflusso faringo laringeo è più indicata la pH-metria multicanale intraluminale con impedenziometria e manometria esofagea ad alta risoluzione).

La terapia chirurgica consiste nella creazione di una neo-valvola attraverso la plicatura del fondo dello stomaco (fundoplicatio); tale plicatura può essere più o meno estesa, ed assumere definizioni differenti a seconda della tecnica utilizzata: secondo Nissen , Toupet , Dor.

Contestualmente, si può eventualmente provvedere alla riduzione della diastasi dei pilastri diaframmatici, che si associ ad una MRGE con ernia iatale, eseguendo una iatoplastica.

Di recente, sempre utilizzando la procedura mini-invasiva laparoscopica, è disponibile un dispositivo, impiantabile a livello della giunzione esofago-gastrica, e questa metodica nasce come opzione per i pazienti che non rispondono alla terapia farmacologica, oppure, per scelta, non vogliono terapie croniche, in considerazione anche della loro giovane età, o che sono scettici rispetto ai risultati delle procedure endoscopiche, di cui parlerò in seguito, e sono comunque contrari alla soluzione chirurgica tradizionale, per gli effetti collaterali possibili.

Questo dispositivo, che si chiama LINX Reflux Management System, consiste in una serie di sfere in titanio, con un nucleo magnetico all’interno. Questo “ collare magnetico ”, come viene definito, mira a potenziare l’efficacia anti-reflusso dello sfintere esofageo inferiore e viene impiantato, con procedura laparoscopica standard, in anestesia generale. Il dispositivo viene avvolto e fissato attorno allo sfintere cardiale, non comporta alcuna alterazione anatomica delle strutture circostanti e non richiede una dieta post-operatoria specifica. Le sfere sono interconnesse con cavi in titanio indipendenti e formano un anello flessibile, che avvolge lo sfintere circolarmente. La forza che i nuclei magnetici applicano gli uni sugli altri aumenta la capacità dello sfintere di resistere a pressioni di apertura dal basso, cioè dalla parte gastrica. Questi legami magnetici vengono invece interrotti facilmente all’arrivo di un bolo alimentare dall’alto, che provenga cioè dall’ esofago , consentendo il libero passaggio del bolo stesso e la successiva chiusura dello sfintere. Per una corretta procedura di impianto, il dispositivo deve essere dimensionato alla circonferenza dell’esofago del paziente, e sono disponibili diverse misure (da 11 a 17 sfere). È necessario perciò una preventiva misurazione della circonferenza da utilizzare, che si effettua utilizzando un secondo dispositivo, il LINX Esophagus Sizing Tool. Questa metodica chirurgica è di recente applicazione e sono in corso studi per validarne l’efficacia.

Collare magnetico da posizionare alla giunzione esofago gastrica
Collare magnetico con sfere in titanio
Dimensione reale delle sfere
Schema della procedura Esophyx sotto visione endoscopica in retroversione.

La terapia endoscopica

Una terapia endoscopica era stata provata in passato, utilizzando l’ Enteryx, un co-polimero di Etilen-Vinil-Alcool (EVOH) e Tantalio, un agente radiopaco, dissolto in Dimetil-sulfossido (DMSO), che, iniettato nella giunzione esofago-gastrica, precipita sotto forma di una massa inerte e riduce l’apertura cardiale. Nel 2005 la Food and Drug Administration ha disposto l’immediata sospensione dell’utilizzo di ENTERYX in quanto erano stati riportati casi di gravi reazioni avverse, soprattutto di embolizzazione.

Le procedure endoscopiche attualmente utilizzate, in casi selezionati, laddove l’ernia gastrica iatale sia di piccole dimensioni e comunque non maggiore di 20 mm e sia stata accertata la correlazione tra i sintomi ed i reflussi, sono quelle definite “ EndoLuminal GastroPlication (ELGP)”, che comprendono l’ Esophyx , la metodica MUSE  e l’ EndoCinch.

Il dispositivo Esophyx  per la metodica TIF, che vuol dire Transoral Incisionless Fundoplication, è prodotto da EndoGastric Solution e consente la creazione di una fundoplicatio esofago-gastrica di 2-3 cm di spessore, per un’estensione circonferenziale di 270°, catturando il tessuto mucoso con 12 o più punti di sutura in polipropilene. Il dispositivo viene utilizzato in combinazione con un endoscopio flessibile video, che fornisce la visualizzazione durante tutto l’intervento. La procedura Esophyx ha dimostrato, come numerose autorevoli riviste scientifiche hanno pubblicato, un buon controllo dei sintomi, per un breve periodo, ma, poiché la procedura non consente la mobilizzazione del fondo gastrico, la tensione sui punti di sutura, provoca, alla lunga, il loro cedimento ed il ritorno allo status quo ante. Si sa, del resto, come anche le procedure chirurgiche, in numerosi casi, sono gravate da recidive, dopo alcuni mesi o anni.

Fase operatoria dell’Esophyx sotto visione endoscopica.
Immagini endoscopiche della TIF (Transoral Incisionless Fundoplication) per concessione della EndoGastric Solutions, Inc).

Altro fattore negativo della metodica Esophyx  è la necessità di operare con un doppio strumento, che rende più complessa la procedura ed ha determinato la sua sostituzione con una simile, che utilizza però un unico strumento endoscopico, nel quale è compresa anche la cucitrice, di ideazione israeliana, MUSE . Questo unico strumento, che è un endoscopio speciale, è dotato di cucitrice, videocamera, fonte di luce, ultrasuoni, lavaggio ad acqua ed aspirazione. La punta della cucitrice, guidata dal sistema video, arriva, in retro-versione, molto vicino al fondo gastrico ed alla giunzione gastro-esofagea. Qui, con gli ultrasuoni, l’operatore individua il punto dove lo spessore del tessuto è sufficiente, così da consentire una buona suzione e garantire che la cucitrice catturi la maggiore quantità di tesuto, per una buona tenuta nel tempo.

Il sistema MUSE , che vuol dire Medigus Ultrasonic Surgical Endostapler, ha dimostrato di essere una procedura efficace e sicura, ed è stata validata in America (FDA) ed in Europa (CE). Il National Institute for Health and Clinical Excellence (NICE), in merito alla terapia endoluminale di gastroplication per malattia da reflusso gastroesofageo , sulla scorta di un certo numero di studi randomizzati e controllati (RCT), riporta che non vi sono preoccupazioni di rischi maggiori della procedura e che i risultati, nel breve periodo, dimostrano una riduzione della necessità di terapia farmacologica, ma che i risultati complessivi, nel lungo periodo, sono inconsistenti e non vi è prova di un duraturo miglioramento, valutatabile con la pH-Impdenzometria. Pertanto tale procedura può essere utilizzata per gestire la patologia a scopo di ricerca e per l’audit clinico, previo consenso informato.

Endoluminal Fundoplicatio con sistema MUSE (Medigus Ultrasonic Surgical Endostapler)

L’ EndoCinch  è stata la prima forma di gastroplicatio endoluminale che ha ottenuto il benestare della FDA negli Stati Uniti, già nel 2006. La procedura, che così si chiama dal nome dallo strumento utilizzato, consiste nel catturare, in una nicchia, che si trova nella parte finale di uno speciale endoscopio, parte della mucosa della giunzione esofago-gastrica, dove essa viene cucita per formare pliche. In tal modo, si riduce lo spazio cardiale, così come avviene nella procedura chirurgica dell’intervento di fundoplicatio, creando queste pliche mucose, al di sotto dello sfintere esofageo inferiore, con delle suture effettuate attraverso il gastroscopio. La metodica è effettuata con due strumenti ed un over-tube ed è gravata dalla perdita di efficacia nel lungo periodo, per la non sufficiente tenuta dei punti di sutura. La stessa procedura è stata anche utilizzata per i pazienti obesi, riducendo il lume gastrico e mettendo in comunicazione una tasca gastrica, ridotta di dimensioni, con l’intestino tenue, ottenendo un precoce senso di sazietà, simulando l’intervento chirurgico di by-pass gastrico. Anche per questa procedura si presenta il medesimo inconveniente della mancata tenuta delle suture nel lungo periodo.

Come la procedura con Esophyx , anche EndoCinch  ha lo svantaggio di dover essere effettuata con due strumenti e l’over-tube, il che rende la metodica complessa ed indaginosa. L’utilizzo della camera, dove viene succhiata la mucosa della giunzione esofago-gastrica, prima di applicare i punti di sutura, aveva fatto sperare in una maggiore tenuta degli stessi, rispetto ad altre procedure endoluminali. Ma, le evidenze cliniche, non supportano questo punto di vista.

Procedura Endocinch in immagine schematica
Gastroscopio con nicchia per la suzione e la sutura del tessuto iuxta-cardiale.
Metodica di Fundoplicatio Endoscopica con Endocinch: cattura di tessuto mucoso della giunzione esofago-gastrica nella nicchia dell’endoscopio, con successiva suzione e sutura. Con suture multiple si ottiene una neo-valva (da Webmedicine).

Un più recente dispositivo, per trattare endoscopicamente la malattia da reflusso gastrico, è il GERD-X il quale prevede l’utilizzo di piastrine in politetrafluoroetilene (PTFE) per una maggiore tenuta dei punti di sutura, il retrattore di mucosa, per catturare una plica mucosa dello spessore desiderato, e la tecnologia microhydraulic per l’applicazione della sutura che consente la manovra con movimenti semplici ed efficaci, senza sforzo alcuno.

Un’altra metodica “endoscopica” è quella definita Stretta, che si basa sull’utilizzo di un dispositivo, che rilascia energia sotto forma di radiofrequenza, a livello cardiale, tramite elettrodi ad ago, inseriti nel tessuto muscolare giunzionale. Questa metodica, che può essere eseguita con il passaggio del device nel canale dell’endoscopio o inserendolo successivamente, sotto guida radiologica, dopo aver preso le misure in corso di gastroscopia, in realtà non cura la malattia da reflusso , ma semplicemente, bruciando e fibrotizzando il tessuto mucoso esofageo, lo rende insensibile agli stimoli algogeni del reflusso stesso, sia esso acido, alcalino, misto o gassoso.

Infine, la procedura terapeutica endoscopica di mucosectomia si effettua in caso di complicazione della malattia da reflusso , che si esprime nell’ esofago di Barrett , in cui sia presente una displasia di grado lieve o severo, e consiste in una resezione, a spessore parziale, della parete mucosa, dove il piano di resezione è limitato alla sottomucosa profonda, al confine con la muscolare propria. Spesso, alla procedura di mucosectomia, si fa seguire la metodica Stretta, per distruggere, bruciandolo, il tessuto canceroso residuo.

Mucosectomia esofagea ed endoscopica

Il prof. Antonio Iannetti intervistato presso gli studi romani del Canale TV 74. Il prof. Iannetti ha aderito volentieri all’invito, ritenendo utile poter precisare alcuni concetti e nozioni su una patologia così diffusa, come quella del reflusso gastro-esofageo.

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